oh il film Marie Antoinette la regina di Francia

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tyzyanas
00sabato 5 gennaio 2008 19:49
alan hai messo un film bellissimo che quando lo vidi mi sono molto commossa,tu non lo sai ma maria antonietta è una delle figure femminili della storia che mi affascina di più ed ho letto vari libri su di lei e potrei parlarne per mesi,amore
alanparsonx
00sabato 5 gennaio 2008 20:26
spero che non ti affascini anche il fatto che Robespierre le fece perdere la testa con la ghigliottina.
cmq ignoravo queste tue passioni storiche. mi è capitato tra le mani questo video, l' ho ritenuto interessante e lo messo nel forum.
tyzyanas
00sabato 5 gennaio 2008 23:29
Re:
alanparsonx, 05/01/2008 20.26:

spero che non ti affascini anche il fatto che Robespierre le fece perdere la testa con la ghigliottina.
cmq ignoravo queste tue passioni storiche. mi è capitato tra le mani questo video, l' ho ritenuto interessante e lo messo nel forum.



no alan io sono convinta che lei fu una martire un capro espiatorio
e tutte le cose cattive che dicevano su di lei erano solo falsità e non è neanche vero che quando il popolo francese faceva la fame per mancanza di pane lei disse:"allora mangino le brioches",sono cose che ho letto in alcuni libri su di lei e credo siano vere

alanparsonx
00sabato 5 gennaio 2008 23:50
interessante, molto interessante quanto scrivi. ignoravo queste notizie.
ammetto di essere un incompetente in storia.
tyzyanas
00domenica 6 gennaio 2008 00:39
Re:
alanparsonx, 05/01/2008 23.50:

interessante, molto interessante quanto scrivi. ignoravo queste notizie.
ammetto di essere un incompetente in storia.



alan amore tu sei un grande uomo di scienza ed allo stesso tempo anche un grande artista insomma ti ho sempre considerato una via di mezzo tra leonardo da vinci ed i beatles ed èper questo che mi affascini sempre però permettimi che un pò di storia di maria antonietta di francia te la spieghi io e quindi leggi:


Maria Antonietta fu la bella Regina di Francia divenuta simbolo dell’irrefrenabile stravaganza della monarchia settecentesca, che fu privata delle sue ricchezze e raffinatezze, imprigionata e giustiziata dai suoi sudditi durante la Rivoluzione Francese del 1789.

Principessa Austriaca

Quando la sua vita cominciò, poco poteva far presagire un tale capovolgimento di fortuna. Maria Antonietta nacque nel 1755 all’apice della piramide sociale europea.

Nacque principessa ed arciduchessa, la quindicesima figlia di Maria Teresa, Imperatrice d’Austria, e la sua preferita. La casa reale degli Asburgo era la più antica casa regnante d’Europa, e la giovane principessa godette dell’ambiente rilassato del Palazzo di Schonbrünn e dell’indulgenza dei suoi tutori, dei genitori, di fratelli e sorelle.

Maria Teresa fu la famosa imperatrice austriaca che annoverava, tra le sue molte doti, l’abilità di sposare la sua numerosa prole in modo strategicamente conveniente per l’impero d’Austria. Che è proprio quanto accadde con Maria Antonietta. Per la sua graziosa figlia favorita, Maria Teresa combinò uno speciale matrimonio per cementare la nuova alleanza con la Francia che ella aveva concluso con Luigi XV. Pertanto, Maria Antonietta dovette lasciare l’Austria in cambio del più prestigioso trono in tutta Europa.

Regina di Francia

La vita di Maria Antonietta sembrava un sogno quando all’età di 15 anni sposò l’erede al trono di Francia, il Delfino. La Francia era allora la più potente nazione dell’Europa continentale, e il palazzo di Versailles il più opulento. La giovane principessa non avrebbe potuto sperare in un matrimonio più prestigioso, e la sua magnifica cerimonia matrimoniale nel 1770 non ebbe eguali in fatto di pompa reale.

Al confine, fu spogliata e rivestita con l’abbigliamento allora di moda alla corte francese. Quando fu presentata al re di Francia Luigi XV, questi la definì deliziosa e commentò con tutti sul suo grazioso aspetto ben proporzionato, di cui egli molto si compiaceva. Maria Antonietta divenne la Delfina, circondata da tutti gli agi della corte francese.

La sua vita d’incanto raggiunse l’apice quando il vecchio re morì e suo marito divenne Re Luigi XVI nel 1774. Maria Antonietta – non ancora ventenne – divenne Regina di Francia.

Matrimonio infelice e vita noiosa

Tuttavia, questa figlia della fortuna conduceva una vita matrimoniale infelice. Luigi era scialbo, goffo e certamente non quello che lei avrebbe desiderato. La devozione di lui per la caccia, per gli orologi e per la sua fucina, e la sua abitudine di alzarsi e coricarsi presto erano in contrasto con l’amore di lei per l’arte, la moda, la danza e la vita notturna di Francia. Viene alla mente il contrasto tra Carlo e Diana. Mentre il Re Luigi XV, i fratelli di suo marito, Provence e Artois, e altri a corte notarono subito la sua grazia e bellezza, il suo timido marito fu lento nel sostenere i suoi diritti matrimoniali. Da lontano, Luigi XVI, come gli altri, ammirava molto il fascino e il carattere di Maria Antonietta, e divenne in seguito un marito devoto, ma fu di poco conforto per lei durante i suoi primi anni in Francia.

Sospinta dalle lettere di sua madre, Maria Antonietta continuava a inseguire Luigi. Tuttavia, anche quando ella riuscì a raggiungere con lui una certa intimità, Luigi fu incapace di avere soddisfacenti erezioni, il che non fece che aumentare la frustrazione della sua sposa. Antonietta e Luigi non riuscivano ad avere rapporti sessuali e il loro matrimonio non potè essere consumato per sette anni. Fu necessario l’intervento del fratello maggiore della regina, l’imperatore Giuseppe d’Austria, in un incontro a quattr’occhi con Luigi nel 1777, per convincerlo della necessità di un’operazione. Nel frattempo, la giovane regina soffriva in silenzio le maligne insinuazioni di non essere capace di dare un erede al trono.

Oltre a sentirsi frustrata per i rapporti con suo marito, Maria Antonietta era infastidita dai doveri legati alla sua posizione. I giorni della giovane principessa e, successivamente, regina venivano trascorsi in eterni rituali di corte dettati da una rigorosa etichetta che risalivano ai giorni di Luigi XIV.

La giovane regina si stancò presto di doversi continuamente esibire in pubblico secondo i requisiti della sua posizione. Le mancava l’ambiente più rilassato e la libertà di Vienna. Il suo dispiacere e il suo sarcasmo, diretti alle zie e ai membri più anziani dell’alta nobiltà furono notati e diventarono oggetto di commento.

Un circolo di amici

Maria Antonietta tentò di sfuggire alle frustrazioni coniugali e alla noia della vita di corte. Con il passare del tempo, Maria Antonietta cominciò ad esercitare il suo potere di regina: trascorreva meno tempo a corte e si circondava di una dissoluta combriccola, guidata da Yolande de Polignac e Thérèse de Lamballe. Elargiva costosi doni e posizioni a questi amici e, nel farlo, ignorava i grandi casati della nobiltà francese.

Con i suoi giovani amici, Maria Antonietta si gettò in una vita di piacere e spensierata stravaganza. Ciò includeva balli in maschera a Parigi, gioco d’azzardo, spettacoli teatrali e passeggiate a tarda sera nel parco. Il suo circolo comprendeva il frivolo fratello più giovane del re, il Conte d’Artois, e piacenti giovani cortigiani come il Duca di Ligne, i Conti Dillon, Vaudreuil e Axel Fersen.

Le indiscrezioni della regina con il suo circolo di amici condusse a scandali come l’Affare della Collana di Diamanti, e a voci riguardanti i suoi rapporti con quel circolo ad inclusione di Axel Fersen.

Vita stravagante

La giovane regina, con la sua bionda bellezza e il suo stile, dettava moda in tutta la Francia e in Europa. La sua ritrattista Élisabeth Vigée-Lebrun elogiava il colore luminoso della sua carnagione, i suoi lunghi capelli biondi e la sua figura ben proporzionata e sviluppata. Tutti facevano commenti sul suo portamento. Il paggio Tilly disse che camminava meglio di qualsiasi altra donna e, se si offriva una poltrona ad una donna, a lei si doveva offrire un trono.

Alla regina piacevano stile e bellezza, ma la sua rinomanza nel campo della moda le costò cara. La regina spendeva in abbondanza per i propri vestiti ed ornamenti. Ogni anno eccedeva la somma destinata al suo abbigliamento, regolarmente pagata dal re. Gli eccessi dei suoi copricapo, delle piume e dei voluminosi vestiti furono oggetto di pubblico commento, di caricature e – di tanto in tanto – di ridicolo.

La regina spendeva altrettanto abbondantemente per i suoi già menzionati amici e per il proprio divertimento, compreso il suo ritiro al Petit Trianon. Questo era un piccolo palazzo vicino a Versailles, donato a Maria Antonietta da Luigi XVI. Là, la regina fece apportare grandi decorazioni d’interni e ordinò la costruzione di un teatro per i suoi spettacoli e del Tempio d’Amore nel parco.

Maria Antonietta fece inoltre costruire un tipico rustico viennese chiamato ‘hameau’ dove si divertiva a recitare la parte di una semplice mungitrice. Per maggior divertimento, furono prodotti vasi in porcellana di Sevres utilizzando come calchi gli abbondanti seni di Maria Antonietta (come si diceva fosse stato fatto per Elena di Troia). La fattoria fu provvista di pecore e capre profumate, ma la mungitura e altre incombenze venivano eseguite da servitori.

Rabbia nei confronti della regina

Mentre si avvicinava lo scoppio della Rivoluzione, l’invidia e l’odio nei confronti di Maria Antonietta erano generalmente diffusi. Molti a corte si erano sempre opposti all’alleanza con l’Austria, e si erano risentiti degli sforzi della regina di intercedere occasionalmente per cause austriache.

Il fratello del re, il Conte di Provenza, e suo cugino, il Duca d’Orleans, erano entrambi considerati più capaci di Luigi XVI. Entrambi erano gelosi del titolo regale di Luigi e del suo matrimonio con la bella Maria Antonietta.

Molti altri membri della nobiltà erano invidiosi nei confronti della regina e si sentirono insultati dal suo rifiuto dell’etichetta di corte, dalla sua preferenza per un piccolo circolo di amici e dalla preferenza a loro riservata. Pertanto, alcuni nobili insoddisfatti diventarono terreno fertile per la produzione d’infamie contro la regina. Costruirono e fecero circolare storielle scurrili sulla regina e sulla sua vita privata: alcune l’accusavano di prestarsi ad ogni sorta di atti sessuali con vari cortigiani e cortigiane (si metteva altresì in dubbio la paternità dei figli della coppia reale), e altre di inviare somme di denaro in Austria.

L’Affare della Collana di Diamanti

Intorno al 1784-85 abbondavano i racconti sulle stravaganze della regina, sulla sua dissolutezza e sui suoi vizi a sfondo sessuale. Fu a questo punto che l’Affare della Collana di Diamanti diventò un evento sensazionale che catturò l’attenzione dell’intera nazione.

L’affare mise insieme tre situazioni slegate tra loro, fondendole per mezzo della certezza ormai ampiamente diffusa della condotta immorale di Maria Antonietta. Per anni, una certa Madame de Lamotte – squattrinata discendente dell’antico nobile casato dei Valois – tramava per ottenere una posizione a corte. Nello stesso tempo, il Principe de Rohan – cardinale di Francia molto noto in società – soffriva per essere escluso da anni dal circolo personale di Maria Antonietta, e il gioielliere Boehmer era incapace di convincere Maria Antonietta ad acquistare una favolosa e costosissima collana di diamanti originariamente preparata per Madame du Barry, l’amante di Luigi XV.

La Lamotte, che era una donna attraente e prosperosa, catturò l’attenzione di entrambi gli uomini e riuscì a convincerli di essere l’amante (lesbica) di Maria Antonietta. La Lamotte persuase il Rohan del fatto che la regina voleva davvero la collana, il Rohan la ottenne dal Boehmer e la diede alla Lamotte dopo un incontro a tarda notte con una prostituta che aveva le sembianze di Maria Antonietta vicino al Tempio d’Amore, dove si diceva che la regina desse i suoi appuntamenti segreti.

Mentre la regina si preparava ad interpretare il suo ruolo nella commedia di Beaumarchais “Le Nozze di Figaro”, che era stata recentemente messa al bando, Boehmer l’avvicinò per ottenere il pagamento e solo allora si scoprì l’arcano. Quando vennero a conoscenza dei fatti che stavano alla base dell’affaire, entrambi il re e la regina si adirarono con il Rohan, perché questi aveva creduto che la regina arrivasse a ricorrere ad un intermediario per ottenere una collana.

Il processo della collana e il suo impatto

Il risentimento dei sovrani si rivelò disastroso. Il cardinale, il più alto prelato di Francia, fu arrestato il giorno della Festa dell’Assunzione nel bel mezzo della corte. In seguito, la regina pretese di essere vendicata pubblicamente e pertanto il re ottenne un processo davanti al Parlamento di Parigi.

Il processo fu un evento sensazionale per mesi, e i panni sporchi della monarchia vennero lavati davanti a tutta la Francia. Il “cast” incluse membri dell’alta nobiltà, ciarlatani, una prostituta che assomigliava alla regina e, soprattutto, la favolosa collana di diamanti e la regina stessa, che tuttavia non fu mai chiamata a testimoniare. Alla fine, la nobiltà sfidò l’intera nazione nell’Affare della Collana di Diamanti con l’assoluzione del Principe de Rohan dall’accusa di avere insultato la regina. A tutti gli effetti, secondo la sentenza del Parlamento dei Nobili, la regina era degna di tale insulto a causa della sua reputazione. Il Rohan poteva ragionevolmente credere che Maria Antonietta volesse usarlo come intermediario e alla fine prestare favori sessuali, in cambio di una collana di diamanti.

Quando fu annunciato il verdetto di non colpevolezza in un affollato teatro dell’opera di Parigi, si levò un enorme strepito e tutti i presenti si voltarono in direzione del palco reale. Maria Antonietta – in preda allo shock – se ne andò immediatamente alla sua carrozza, tra i fischi della folla.

Il tribunale condannò la Lamotte (che non godeva di influenze altolocate) ad essere marchiata sui seni ed imprigionata. Suo marito, tuttavia, era riuscito ad evadere dalla prigione e lei stessa fuggì in Inghilterra. Da lì, si vendicò inventando e facendo circolare storie secondo le quali lei era veramente stata l’amante lesbica della regina, la regina era insaziabile nei suoi desideri e aveva ricevuto la collana, e l’affaire era stato messo insieme per il suo divertimento. Per quanto la sua storia avesse del fantastico, ne circolarono migliaia di copie e venne ampiamente creduta. Così tanto che se la Lamotte non fosse morta nel 1793, sarebbe probabilmente stata testimone per l’accusa nel processo contro Maria Antonietta.

Madame Deficit e la crisi finanziaria

Per ironia della sorte, proprio quando scoppiò lo scandalo della Collana di Diamanti e la popolarità della regina sprofondò nell’abisso, il passare degli anni e la maturità attenuarono il suo stile di vita. Luigi e Antonietta riuscirono ad avere figli ed ella partorì quattro volte. Dedicava ormai poco tempo alla vita notturna di Parigi e ne trascorreva di più con la famiglia ed i figli. Sebbene ancora graziosa ed attraente, una volta arrivata ai trent’anni, Maria Antonietta cominciò ad apparire più robusta e ad orientarsi verso colori più scuri. La sua modista Madame Bertin iniziò a proporre una moda meno sfarzosa, pur tuttavia mettendo in evidenza gli ampi seni della regina. Nonostante quest’ultima continuasse a flirtare con gli uomini della corte e a trascorrere molto tempo con Axel Fersen, Luigi era sempre più devoto alla sua bella moglie, che egli adorava.

La vita personale di Maria Antonietta cominciava a diventare stabile, mentre lo stato in cui versava la Francia non lo era affatto. Negli anni precedenti la Rivoluzione, i raccolti furono pessimi e i meno abbienti ne soffrirono. La regina mostrava il suo buon cuore e cercava di aiutare i poveri del suo paese: partecipava a recite a scopo di beneficenza (anche la sera in cui il verdetto del processo della Collana fu annunciato), e utilizzava il suo “hameau” per aiutare alcune famiglie bisognose. Tuttavia, le sue piccole azioni non vennero affatto notate da chi soffriva. Ciò che si ricordava era che la regina giocava a fare la mungitrice e la pastora nel suo ben curato “hameau” del Trianon, mentre i veri contadini morivano di fame. Veniva considerata insensibile, il che fece credere a molti che avesse risposto “Che mangino le brioches”, quando le fu detto che il popolo non aveva pane.

Inoltre, la Francia sprofondava in enormi debiti ereditati da Luigi XV che Luigi XVI era stato incapace di saldare. Il debito del paese si era ormai trasformato in una crisi e l’ultima goccia fu il costoso aiuto prestato dalla Francia alle colonie americane, dal 1778 al 1783, impegnate in una guerra contro la Gran Bretagna per ottenerne l’indipendenza. Per cercare di ridare vigore alla popolarità della regina ed aumentare il sostegno a favore della monarchia, furono dipinti ed esibiti ritratti che mostravano la regina circondata dall’affetto dei suoi figli. Tuttavia, l’ovvio esercizio di propaganda reale ebbe risultati negativi in quanto i detrattori notarono i pomposi abiti della regina e soprannominarono "Madame Deficit" la protagonista dei ritratti.

Luigi XVI aveva quanto mai bisogno dell’appoggio della nobiltà in questo momento di impopolarità, che continuava ad aumentare sull’onda dell’Affare della Collana. Egli tentò di effettuare riforme necessarie attraverso una serie di ministri, cercando consiglio ogni volta da parte della sua regina, e infine chiamò un’assemblea di notabili per cercare ancora una volta di effettuare quelle riforme che dovevano rimediare alla crisi finanziaria. Luigi non era un sovrano energico e l’influenza di sua moglie suscitava risentimenti, il che non fece che indebolire la posizione della monarchia.

Gli Stati Generali – 1789

Luigi e Maria Antonietta furono colpiti da una tragedia nel 1789. Il loro primo figlio ed erede, il Delfino, colpito da una malattia ereditaria agonizzante ed invalidante, morì nel mese di giugno. Senza contare vari aborti spontanei, questo fu il secondo lutto a colpire i sovrani, in quanto la figlia più giovane era morta nel 1786. Durante questo nuovo dolore, la coppia doveva affrontare la crisi che ora minacciava la loro autorità e che avrebbe portato ulteriori tragedie nel seno di questa famiglia.

Incapace di obbligare la nobiltà ad effettuare le necessarie riforme finanziarie, il disperato monarca richiamò gli Stati Generali nel maggio del 1789. Era la prima volta in 175 anni che quest’organo di consultazione veniva richiamato. Tuttavia, era un evento unico perché dava rappresentanza alla gente comune, che poteva ora votare in qualità di uno dei tre Stati. Luigi lo fece per cercare di ottenere l’appoggio della borghesia (il Terzo Stato) per forzare le necessarie riforme.

I lavori degli Stati Generali non iniziarono sotto un buon auspicio, poiché le apparizioni della regina furono prima accolte con il silenzio e poi con grida di “Viva il Duca d’Orleans”, il corteggiatore che lei aveva disdegnato e che era ora un acerrimo nemico. Questa atmosfera di ribellione era un segno di ciò che doveva seguire. La gente comune era scontenta del limitato ruolo del Terzo Stato che Luigi immaginava. Il genio era ormai fuori dalla lampada. Il Terzo Stato si autodichiarò Assemblea Nazionale e con il Giuramento della Pallacorda stabilì che non si sarebbe sciolto, fino a che la Francia non avesse una costituzione.

Presa della Bastiglia

Luigi mancava della volontà di spegnere questa ribellione, ma fu ripetutamente spinto all’azione da Maria Antonietta. La regina desiderava ardentemente conservare la monarchia assoluta ed era risoluta nella sua opposizione a riforme che avrebbero dato maggiori poteri alla gente comune.

Tuttavia, il popolo non voleva la soppressione del Terzo Stato, in previsione dei successi che si sarebbero ottenuti. A luglio, la folla assediò il palazzo degli Invalidi e ottenne rifornimento di armi da fuoco. La mossa seguente era quella di ottenere la polvere da sparo cosicché si sarebbe potuto difendere l’Assemblea in caso di bisogno. Si raggiunse questo scopo quando la folla attaccò un grande simbolo della monarchia assoluta, l’antica e famosa prigione-fortezza della Bastiglia, che sovrastava il centro di Parigi.

Luigi mancò di risolutezza e la folla riuscì a prendere la Bastiglia. Il governatore della fortezza, che tentò di resistere minacciando di far saltare la polvere da sparo, fu ucciso dalla folla e la sua testa venne portata per la città su di una picca. Il popolo aveva ormai armi e munizioni. L’illegalità era prevalsa e nessuna azione era stata intrapresa dal re a titolo di risposta. Luigi si recò a Parigi per riportare la calma, ma nulla si fece contro coloro che avevano attaccato la Bastiglia.

La Grande Paura

La presa della Bastiglia turbò molto un certo numero di nobili che conoscevano il grado di povertà del popolo e temevano vendette, se il potere reale si fosse dimostrato inadeguato a controllare gli impulsi della folla. Membri di spicco della corte, tra i quali amici intimi di Maria Antonietta lasciarono il paese. Tra luglio e agosto se ne andarono il Conte d’Artois e Madame de Polignac e, in ottobre, la sua amica e ritrattista Madame Vigée-Lebrun.

Il palazzo reale di Versailles si trovava ad appena 20 miglia dal calderone ribollente di Parigi. Anche Maria Antonietta temeva la folla di Parigi e consigliò al re di riparare altrove in modo che egli potesse spegnere la ribellione da lontano, ma Luigi non volle lasciare Versailles.
La regina riuscì a persuadere Luigi ad aumentare il numero delle truppe dalle province, che si sperava sarebbero state fedeli alla Corona. Le azioni di Maria Antonietta non passarono inosservate. Il suo portamento fiero e quella che veniva percepita come la sua arroganza la resero il primo obiettivo di denigrazione da parte dei rivoluzionari. Nonostante gli sforzi di Maria Antonietta, il re fu riluttante a confrontare l’Assemblea dopo che nuove truppe furono richiamate perché Luigi non voleva aprire il fuoco contro il suo popolo. Durante l’estate, in un periodo che venne chiamato “la Grande Paura”, i contadini si rivoltarono in tutto il paese per paura che il re venisse spinto dalla regina e dal suo “comitato austriaco” a soffocare la rivoluzione. In agosto, fu pubblicata la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo con la quale si rinunciava ai titoli nobiliari, e il popolo affermava la propria posizione reclamando pari diritti contro una riaffermazione della monarchia assoluta.

La marcia delle donne

Il 1° ottobre 1789, fu tenuto a Versailles un grande banchetto in onore delle guardie reali nel quale il vessillo reale e quello austriaco vennero applauditi, si brindò al re e alla regina quando apparirono e la coccarda tricolore del popolo francese venne calpestata. Storie sul banchetto e su “orge” cominciarono a circolare nei bassifondi di Parigi, in cui incombeva nuovamente la mancanza di pane.

I parigini ne ebbero abbastanza ed il 4 ottobre si riunì una gran folla per chiedere pane al re. Il giorno seguente, una folla composta principalmente di donne parigine marciò sotto la pioggia fino a Versailles per porre termine alle orge e domandare pane. Molte impugnavano coltelli e giuravano di usarli per "tagliare il bel collo dell’Austriaca" che era la fonte di tutti i loro problemi. "Sarei contenta di infilare questa lama fino al gomito nel suo ventre." Altre promettevano di tagliare vari "pezzi di Antonietta".

Raggiunta Versailles, esse incontrarono l’Assemblea ed ebbero una breve udienza con il re. Ancora una volta, la regina aveva desiderato di fuggire mentre esse avanzavano, ma Luigi non volle né partire né aprire il fuoco contro le donne. Quella notte, la marmaglia (forse con l’aiuto di agenti del Duca d’Orleans) trovò un’entrata priva di guardie e si diresse fino agli appartamenti della regina, che stava dormendo. Mentre gli assalitori imprecavano e dicevano di voler "uccidere la puttana austriaca ", le due guardie della regina diedero la vita per salvarla. Madame Campan ed altre dame raccolsero in fretta biancheria e vestiti, e Maria Antonietta corse via dalla sua camera da letto letteralmente "mezza nuda" (secondo alcune versioni) riuscendo di poco ad eludere l’attacco. Il letto della regina fu fatto a brandelli.

Il trasferimento alle Tuileries

La regina si era salvata, ma la folla non era soddisfatta. Più tardi si chiese che il re e la regina apparissero al balcone e poi che i sovrani seguissero i dimostranti a Parigi. E così, Luigi e Maria Antonietta lasciarono Versailles per essere installati nel polveroso palazzo disabitato delle Tuileries a Parigi. Maria Antonietta non avrebbe più rivisto il suo amato Petit Trianon. Da allora in poi, il re e la regina sarebbero rimasti sotto il controllo dei comuni cittadini di Parigi e sarebbero stati vulnerabili ad attacchi da parte loro. I sovrani sapevano bene che il trasferimento a Parigi non era stata una loro scelta, e che non avevano il potere di annullare il volere della folla.

Nel 1790 e 1791, la rivoluzione sembrava essersi stabilizzata. Tuttavia, si cominciavano a spargere i semi della futura discordia e di una più violenta rivoluzione. L’Assemblea, ormai imbaldanzita, concesse ampi diritti al popolo, a spese della nobiltà e del clero. Si conferì valore legale a molte delle riforme, nonostante il veto del re. Luigi era particolarmente contrario al voto civile che veniva ora richiesto al clero cattolico romano.

Fuga di Varennes

Molti nobili avevano lasciato la Francia e Maria Antonietta temeva per la sua salvezza ed autorità reale. Ella cospirò con quegli émigrés e cercò aiuto da parte di altri sovrani europei, tra cui l’imperatore d’Austria suo fratello. Dopo la morte del leader moderato Conte di Mirabeau nel 1791, ed ulteriori azioni da parte dell’Assemblea che violavano l’autorità del clero cattolico romano, Antonietta persuase il riluttante Luigi a lasciare la Francia.

L’amico e supposto amante della regina Axel Fersen organizzò di tasca propria la carrozza necessaria, i falsi documenti di identità e i piani di fuga. La coppia reale fuggì da Parigi con i figli, tutti travestiti da comuni viaggiatori. Il re e la regina avevano insistito sulla necessità di viaggiare con tutti i comforts, e pertanto la loro carrozza si muoveva lenta e pesante. Cambi di cavalli si resero necessari e ciò attirò l’attenzione.

Durante un cambio, un attento patriota notò una donna attraente ma familiare che dava ordini nonostante fosse vestita da cameriera. Gli sembrò di riconoscere la regina e, da una moneta d’oro datagli come mancia, riconobbe il re. Jacques Drouet, questo il nome del patriota, si precipitò verso la piccola cittadina di Varennes e, una volta raggiuntala, avvertì la popolazione affinché si fermassero il re e la regina al loro arrivo. Questi avevano viaggiato per 200 miglia ed erano quasi vicino al confine franco-austriaco dove leali truppe erano pronte a portarli in salvo. Ma l’operazione non si potè condurre a compimento. Il re e la regina subirono l’umiliazione di essere riportati a Parigi con la forza, su strade polverose, nel corso dei successivi quattro giorni. Da ogni parte giungevano francesi che volevano vedere i famosi prigionieri e, in qualche occasione, assaltarli. Alcuni membri dell’Assemblea arrivarono in seguito e presero posto con loro nella carrozza già strapiena.

Quando arrivarono a Parigi, essi furono accolti dal più assoluto silenzio. Tutti gli uomini tennero il loro cappello in testa e al re non venne offerto alcun saluto o altro segno di deferenza. Gli stanchi viaggiatori erano coperti di polvere e di sudore. Mentre Madame Campan preparava il bagno per Maria Antonietta, la regina si tolse il cappello e il velo ed entrambe notarono che i suoi capelli biondi erano diventati completamente bianchi per la paura e i tormenti del viaggio.

Caduta della monarchia

Dopo la disastrosa fuga di Varennes, Maria Antonietta lavorò in un primo tempo con il monarchico costituzionale Barnave per cercare di restaurare il prestigio reale. Tuttavia, l’odio per la regina era ormai salito a nuovi livelli.

Maria Antonietta cominciò di nuovo a cercare aiuto dall’estero per un intervento in Francia che restaurasse l’autorità reale. L’Austria e la Prussia minacciarono la Francia da parte della famiglia reale e la Francia dichiarò guerra a quelle potenze nell’aprile 1792, ancora una volta nonostante il veto del re. A giugno, il palazzo delle Tuileries fu invaso e saccheggiato dalla folla, al re e alla regina furono inflitti ridicolo ed umiliazione ma non venne fatto loro altro male. Nello stesso momento, si cercavano volontari al grido di "la patria in pericolo " e i Francesi furono chiamati a respingere gli invasori.

Nel luglio 1792, quando l’esercito prussiano invase la Francia, il Duca di Brunswick minacciò il popolo di Parigi che se fosse stato fatto del male alla persona del re o della regina, gli invasori avrebbero cercato vendetta sulla Francia. La proclamazione fu resa pubblica e fece grande sensazione nel paese.

Il 10 agosto 1792, il palazzo delle Tuileries fu preso d’assalto dal popolaccio, e il re e la regina si rifugiarono presso l’Assemblea. La famiglia reale fu installata in una piccola tribuna per la stampa, nel caldo soffocante e sotto le occhiate e i commenti della folla. In quella gabbia, sentirono i resoconti sulla caduta delle Tuileries e sul massacro di 900 guardie svizzere che erano rimaste per difenderli. Videro i tesori delle Tuileries ammassati sui banchi degli oratori, tra i quali vi erano carte, gioielli, e oggetti preziosi appartenenti alla famiglia reale. Ascoltarono i dibattiti e le votazioni con le quali si sospese e si pose fine alla monarchia. Fu dichiarata la Repubblica e la famiglia reale fu imprigionata nella fortezza del Tempio.

Il regno del Terrore

Altri aristocratici furono imprigionati nello stesso periodo. Quando le fortune dell’esercito francese sul campo comiciarono a vacillare, si levarono grida che incitavano ad uccidere i traditori all’interno del paese. Centinaia di aristocratici furono massacrati nelle prigioni nel settembre 1792. La vittima più famosa fu Madame de Lamballe, amica intima di Maria Antonietta che era ritornata a Parigi per assisterla in tempo di pericolo. La Lamballe fu portata dinanzi ad un tribunale e quando rifiutò di giurare contro la regina, fu fatta a pezzi dalla folla. La sua testa, i seni e gli organi genitali tagliati e montati su picche furono portati in processione fin davanti alla finestra della regina al Tempio. Il regno del Terrore era cominciato.

La famiglia reale si trovava ora sotto stretta sorveglianza e, privata delle raffinatezze e dei servitori, era obbligata a vivere semplicemente, confinata nella fortezza del Tempio. Ma la loro pace non era destinata a durare.

Nel dicembre 1792, Re Luigi XVI fu portato davanti alla Convenzione Nazionale e processato per tradimento. Fu giudicato colpevole e, con voto segreto, condannato a morte. Nel gennaio 1793, Luigi XVI fu giustiziato dalla ghigliottina. Nei due anni che seguirono, migliaia di altri vennero processati davanti al Tribunale Rivoluzionario e allo stesso modo giustiziati dalla ghigliottina.

Il destino della Regina

Dopo la morte del marito, il figlio di Maria Antonietta fu strappato con la forza alle cure materne nel luglio 1793. La povera donna implorò che fosse concesso a suo figlio di restare ma non riuscì a cambiare la volontà dei ministri. Il ragazzino fu affidato alle cure del ciabattino Simon e morì di stenti nel giro di due anni.

Nel settembre 1793, Maria Antonietta fu separata dalla figlia e dalla cognata. Ora chiamata "la vedova Capeto", Maria Antonietta fu trasferita all’umida prigione delle Conciergerie, nella quale visse per mesi di solitario confino sotto la sorveglianza totale dei rivoluzionari, che ora controllavano ogni sua mossa. La prigione delle Conciergerie era l’anticamera della morte. In questa malsana prigione, ella perse molto peso e la sua vista cominciò a diminuire, ma non le restava molto da vivere.

Il 14 ottobre, la povera pallida donna fu svegliata in piena notte e portata al Tribunale Rivoluzionario. Il processo fu un orrore e la regina fu attaccata più come persona che come sovrana. Si obbligò perfino il suo bambino a testimoniare di abusi sessuali a cui lei lo avrebbe sottomesso. Davanti a quell’accusa, la regina – che aveva risposto coraggiosamente a tutto – disse: "Se non rispondo è perché non è possibile. Faccio appello a tutte le madri in questa sala."

Nonostante la sua eloquenza, il verdetto non fu mai messo in discussione. Come il re, anche Maria Antonietta fu giudicata colpevole.

Quando andò incontro alla morte il 16 ottobre 1793, molti trasalirono ... Maria Antonietta aveva soltanto 38 anni, ma la folla vide (come l’artista David si affrettò a disegnare) una vecchia in abiti contadini, grigia e spettinata, un contrasto impressionante con l’elegante e voluttuosa Regina del Trianon, la figlia della fortuna che era stata fino a solo 4 anni prima. I capelli di Maria Antonietta erano stati tagliati rozzamente e, con le mani legate dietro la schiena, fu trasportata su di una carretta tra i fischi e gli insulti della folla. Tuttavia, la povera donna rimase seduta in posizione eretta e cercò di conservare la sua dignità. Fino alla fine, Maria Antonietta mostrò un portamento e un coraggio da regina, nonostante le avversità.

Dopo l’ultima sofferenza, il corpo di Maria Antonietta fu spinto sulla tavola della ghigliottina, la sua testa venne sistemata nella morsa e a mezzogiorno in punto la lama fu lasciata cadere tra l’entusiasmo generale. Secondo le parole di un organo di stampa rivoluzionario, "Mai Père Duchesne aveva assistito a così tanta gioia come quando la testa di quella puttana fu separata dal suo collo di gru". Sanson alzò la testa sanguinante in modo che tutti la vedessero. In seguito, la testa fu gettata sulla carretta tra le gambe del corpo senza vita. Il cadavere di Maria Antonietta fu lasciato sull’erba prima di essere gettato in una fossa comune. Così terminò la vita di colei che era stata un tempo la donna più illustre e affascinante d’Europa.






tyzyanas
00lunedì 7 gennaio 2008 23:21
alcune immagini da l film "Marie Antoinette"
tyzyanas
00lunedì 7 gennaio 2008 23:24
tyzyanas
00lunedì 7 gennaio 2008 23:26
alanparsonx
00martedì 8 gennaio 2008 16:20
chi è questa bellona?
tyzyanas
00martedì 8 gennaio 2008 21:36
Re:
alanparsonx, 08/01/2008 16.20:

chi è questa bellona?





E' Kirsten ed è nata a Point Plesant, nel New Jersey, il 30 aprile 1982; il padre è un medico tedesco proveniente da Amburgo, mentre la madre, di origini svedesi, possiede una galleria d'arte. I suoi genitori sono ormai separati e ha un fratello minore, Christian.

Kirsten ha frequentato la "Ranney School", nel New Jersey, ma si è diplomata presso la "Notre Dame High School" a Los Angeles, in California.

La sua carriera inizia negli spot televisivi alla tenera età di tre anni; nel 1988 è apparsa in uno sketch al Saturday Night Live in cui impersonava la figlia maggiore dell'allora presidente George H. W. Bush. Nel 1989 passa al grande schermo con New York Stories, per poi ottenere, poco tempo dopo, la piccola parte della figlia di Tom Hanks in Il falò delle vanità. Nel 1993 è Hedril nella settima stagione di Star Trek: The Next Generation; inoltre impersona più volte la prostituta bambina Charlie Chiemingo in E.R. - Medici in prima linea.

Il salto di qualità si ha nel 1994, anno in cui recita in Intervista col vampiro, nel ruolo di Claudia, film tratto dal romanzo di Anne Rice: rimane celebre la scena in cui l'undicenne Kirsten riceve il suo primo bacio da Brad Pitt, allora ventinovenne. Questa performance le valse anche la nomination ai Golden Globe. Nel 1995 recita in Jumanji

Nel 1999 rifiuta il ruolo di Angela nel film vincitore di cinque premi oscar American Beauty: in particolare Kirsten non voleva apparire in alcune scene particolarmente sensuali, né baciare il protagonista Kevin Spacey. Lo stesso anno, però, viene selezionata dalla regista Sofia Coppola per la parte di Lux Lisbon nel film indipendente Il giardino delle vergini suicide.

Tra i suoi film più recenti ricordiamo Marie Antoinette, premiato al Festival di Cannes 2006: di nuovo al fianco di Sofia Coppola, Kirsten è proprio l'eccentrica regina francese travolta dagli eventi rivoluzionari del 1789.

D'altra parte il ruolo che l'ha resa celebre ai più è sicuramente quello di Mary Jane Watson, la fidanzata dell'Uomo Ragno nella saga cinematografica Spider-Man.


Curiosità [modifica]
Dopo una relazione durata qualche anno con il collega Jake Gyllenhaal, le è stato attribuito un flirt con Johnny Borrel, il frontman dei Razorlight.

Kirsten è inoltre stata al centro di alcune polemiche per aver ammesso, in un'intervista, di fumare regolarmente marijuana e di aver provato altre droghe illegali. In proposito ha dichiarato:

« Non sono mai stata una gran fumatrice, ma penso che l'opinione dell'America sull'erba sia davvero ridicola. Cioè, state scherzando? Se ognuno fumasse erba, il mondo sarebbe un posto migliore.[1] »



Filmografia [modifica]
Quando si ama (Loving) - soap opera (1983)
New York Stories, regia di Woody Allen - episodio "Edipo relitto" (1989)
Kiki's Delivery Service (Majo no takkyûbin) - voce versione inglese (1989)
Il falò delle vanità (The Bonfire of the Vanities), regia di Brian De Palma (1990)
High Strung (1991)
Darkness Before Dawn - film TV (1993)
Caro zio Joe (Greedy), regia di Jonathan Lynn (1994)
Intervista col vampiro (Interview with the Vampire: The Vampire Chronicles), regia di Neil Jordan (1994)
Piccole donne (Little Women), regia di Gillian Armstrong (1994)
Jumanji (Jumanji), regia di Joe Johnston (1995)
The Siege at Ruby Ridge (1996)
Confessione finale (Mother Night), regia di Keith Gordon (1996)
True Heart (1997)
Tower of Terror (1997)
Anastasia - voce versione inglese (1997)
Sesso & potere (Wag the Dog), regia di Barry Levinson (1997)
Quindici anni e incinta (Fifteen and Pregnant) - film TV (1998)
Small Soldiers (Small Soldiers), regia di Joe Dante (1998)
Strike! (College femminile), regia di Sarah Kernochan (1998)
The Devil's Arithmetic - film TV (1999)
Il giardino delle vergini suicide (The Virgin Suicides), regia di Sofia Coppola (1999)
Bella da morire (Drop Dead Gorgeous) (1999)
Le ragazze della Casa Bianca (Dick), regia di Andrew Fleming (1999)
All Forgotten (2000)
Il corvo 3 - Salvation (The Crow: Salvation) (2000)
Luckytown (2000)
Ragazze nel pallone (Bring It On), regia di Peyton Reed (2000)
Deeply (2000)
Get Over It (2001)
Crazy/Beautiful (2001)
The Cat's Meow (2001)
Spider-Man (Spider-Man), regia di Sam Raimi (2002)
The Death and Life of Nancy Eaton - film TV (2003)
Levity (Levity), regia di Ed Solomon (2003)
Kaena: The Prophecy, regia di Chris Delaporte e Pascal Pinon (2003)
Mona Lisa Smile (Mona Lisa Smile), regia di Mike Newell (2003)
Se mi lasci ti cancello (Eternal Sunshine of the Spotless Mind), regia di Michel Gondry (2004)
Spider-Man 2 (Spider-Man 2), regia di Sam Raimi (2004)
Wimbledon (Wimbledon), regia di Richard Loncraine (2004)
Elizabethtown (Elizabethtown), regia di Cameron Crowe (2005)
Marie Antoinette (Marie Antoinette), regia di Sofia Coppola (2006)
Spider-Man 3 (Spider-Man 3), regia di Sam Raimi (2007)

tyzyanas
00martedì 8 gennaio 2008 21:38
il film
Marie Antoinette è un film del 2006 diretto da Sofia Coppola.

Rilegge in chiave pop la vita di corte di Maria Antonietta, sposa di Luigi XVI, re di Francia, dal suo difficile ingresso a Versailles dalla primavera del 1770 sino allo scoppio della rivoluzione ed al suo arresto il 6 ottobre 1789.

Questo non è un film storico. La regista, attraverso la figura della giovane regina originaria dell'Austria, ripercorre la propria gioventù e diventa spunto di riflessione sull'adolescenza in generale. La colonna sonora è composta da vari brani rock degli anni ottanta, che simboleggiano la gioventù e la ribellione della regista. La presenza di una musica fuori luogo rende il film moderno, lontano del XVIII secolo in cui in realtà la storia si svolse. Altri richiami alla gioventù solo i dolci, le scarpe e le feste, che hanno un grande spazio all'interno del film.

tyzyanas
00domenica 13 gennaio 2008 20:03



Benedetta Craveri intervistata da Claudia Solacini

Quando è nata l’idea di scrivere questo libro?

L’idea mi è stata suggerita da Ena Marchi, l’editor dell’Adelphi che segue i miei libri. L’estate scorsa, dopo aver letto la celebre ricostruzione dell’affaire du collier di Funck- Brentano, Ena, appena reduce dell’editing di Amanti e regine, mi ha proposto di aggiungere un capitolo al ritratto di Maria Antonietta che chiudeva il volume e di raccontare questa incredibile storia per la “biblioteca minima”, la nuova piccola collana lanciata dall’Adelphi la primavera scorsa.

Come storica e scrittrice ha analizzato Maria Antonietta dal punto di vista artistico introducendo le Memorie di Elisabeth Vigée Le Brun; ha riservato alla regina un capitolo sulla sua vita coniugale in Amanti e regine; infine in Maria Antonietta e lo scandalo della collana ha riassunto un episodio sul quale si è molto discusso: che idea si è fatta del carattere della regina considerando le sue scelte pubbliche e private all’interno della società di corte?

La personalità di Maria Antonietta si è andata costruendo nel corso degli anni e il giudizio su di lei non può che cambiare a seconda delle diverse stagioni della sua vita. Al momento del suo arrivo in Francia, a soli quattordici anni, la piccola arciduchessa austriaca è piena di buona volontà ma totalmente impreparata al compito che l’aspetta. Le istruzioni implacabili che sua madre, l’imperatrice Maria Teresa, le fa giungere per lettera, o tramite il suo ambasciatore, non bastano ad appianare le molte difficoltà a cui ella deve fare fronte: la solitudine affettiva, la mortificante e traumatica incapacità del marito a consumare il matrimonio; la necessità di adeguarsi alla ferrea etichetta della corte francese che esige che la famiglia reale viva ogni momento della giornata in pubblico; l’ostilità antiaustriaca che la nuova alleanza tra Vienna e Versailles – di cui lei rappresenta il simbolo- non è riuscita a cancellare; le rivalità e i complessi giochi di potere che si dissimulano dietro il solenne cerimoniale di Versailles. Davanti a questa situazione così complessa l’adolescente immatura si difende come può: da un lato si lascia trascinare dalla sua allegria, dalla sua gioia di vivere, dall’altro si trincera dietro a una resistenza caparbia alle regole che le vengono imposte. Diventata regina a diciannove anni, avvalendosi del sentimento di inferiorità che ispira al marito, Maria Antonietta, anziché farsi carico delle sue nuove responsabilità di sovrana, si sente autorizzata a vivere come più le piace nella sua stessa reggia. Le sue aspirazioni sono quelle delle giovani donne della sua età: passare il tempo in compagnia dei propri amici, divertirsi, essere bella, elegante, alla moda. Comprensibili sul piano psicologico ed emotivo, le sue scelte sono disastrose sul piano politico e le alienano inevitabilmente la simpatia e il rispetto della corte. Volubile e viziata, Maria Antonietta è testarda, autoritaria ed umorale e si rifiuta di capire che gli straordinari privilegi di cui dispone vanno di pari passo con dei precisi doveri. Accumulando errori su errori la giovane regina presta il fianco alle calunnie e diventa presto vittima di una leggenda nera che agli inizi non si preoccupa minimamente di smentire. La scoperta delle gioie della maternità e la sua maturazione psicologica e sentimentale non riusciranno a modificare l’idea che i suoi sudditi si sono fatti di lei, quella di una regina ambiziosa e al contempo frivola, irresponsabile, assetata di lusso, dissipatrice: un’immagine che Maria Antonietta ha contribuito ad alimentare e di cui non riuscirà più liberarsi. Solo davanti al dramma della Rivoluzione Maria Antonietta rivelerà un’altra se stessa: la testardaggine cederà il passo al coraggio, l’orgoglio alla forza morale, la leggerezza al senso della responsabilità, ma ormai sarà troppo tardi per la monarchia francese. I sentimenti che la sfortunata moglie di Luigi XVI suscita in me cambiano, dunque, con il passare degli anni e vanno dalla commiserazione e l’indulgenza per l’adolescente sacrificata alla ragion di stato, alla seduzione esercitata dalla luminosa, elegante, aggraziata giovane regina, all’irritazione per la sua leggerezza e la sua cecità politica, alla pietà e all’ammirazione per la sua straordinaria dignità negli anni terribili della prova.

La nobiltà non prese posizioni precise in difesa di Maria Antonietta. Nel suo libro lei stessa afferma che il ruolo della regina all’interno della vicenda non è mai stato completamente chiarito. Quanto e in quale misura il silenzio dell’aristocrazia contribuì a screditare la figura di Maria Antonietta agli occhi del popolo?

Tanto le grandi famiglie del regno quanto l’antica nobiltà di corte si schiereranno fin dall’inizio contro Maria Antonietta che, diventata regina, aveva concentrato i suoi favori su un esiguo gruppo di cortigiani scelti fra i membri della piccola e media nobiltà, più duttile e compiacente dell’antica. Inoltre , trascurando la vita di corte e non tenendo conto delle regole del suo cerimoniale, la regina dava un colpo fatale all’equilibrio e alla coesione di un cerimoniale già di per sé obsoleto, rompendo il patto di alleanza tra la monarchia e la nobiltà, abituate, fin dai tempo dei Valois , a vivere in simbiosi l’una con l’altra. Ed è a Versailles e non a Parigi che prende forma la leggenda nera di una regina indegna di cingere la corona.

Lo storico inglese Simon Burrows, autore di Blackmail, scandal and revolution (di prossima pubblicazione), racconta e analizza il modo in cui Maria Antonietta venne infamata e attaccata da libelli stampati in Gran Bretagna e diffusi in Francia. Anche Jeanne de La Motte, dopo essere riuscita ad evadere dalla Salpêtrière nel 1787, si rifugiò a Londra e pubblicò le sue memorie che ebbero un grande successo.
La monarchia francese era consapevole dell’influenza che tali documenti, spesso stampati oltremanica, avevano sull’opinione pubblica?

Non ho ancora letto il libro di Burrows ma la libellistica pre-rivoluzionaria e rivoluzionaria contro Maria Antonietta è stata già brillantemente analizzata da studiosi come Robert Darnton, Chantal Thomas, Lynn Hunt. E’ anche cosa nota che molti di questi pamphlets venivano stampati sottobanco a Londra (l’Inghilterra si vendicava in questo modo della Francia che aveva appoggiato la guerra d’Indipendenza americana) e poi diffusi clandestinamente in Francia. E’ a Londra, ad esempio, che il cugino del re, il duca d’Orléans, il quale mirava a fare destituire Luigi XVI e a prendere il suo posto, aveva fatto il quartier generale della campagna diffamatoria contro Maria Antonietta, e anche le memorie di Madame de La Motte furono probabilmente scritte su sua commissione. Il governo francese era perfettamente al corrente di quanto avveniva a Londra e tentava inutilmente di impedire che questi scritti attraversassero la Manica. Presumo che Burrows abbia approfondito le modalità di produzione di questa stampa scandalistica stampata in Inghilterra e destinata a delegittimare la monarchia francese.

Leggendo romanzi e testi pubblicati in passato da grandi autori e intellettuali quali Alexandre Dumas, Goethe o Frantz Funck-Brentano, ha riscontrato diverse valutazioni in merito allo “Scandalo”? E se sì, verso quale direzione?

Goethe colse immediatamente la gravità dello scandalo della collana e dei danni irreparabili che il processo aveva inferto all’idea stessa di regalità. Tanto lui che Carlyle, che Fernet- Holenia, che Dumas diedero un enorme importanza al ruolo occulto avuto da Cagliostro nell’intera vicenda. Condividevano tutti la convinzione che la massoneria avesse avuto una responsabilità rilevante nel screditare il trono e l’altare e preparare la strada alla rivoluzione.


Lo scandalo della collana coinvolse personaggi appartenenti a tutti i ceti sociali: figure popolane, rappresentanti della nobiltà ed esponenti della Chiesa. A distanza di circa 250 anni le numerose incognite che segnano questa storia - intricata e controversa, a tratti romanzesca - continuano ad affascinare storici e scrittori.
Come spiega questo interesse? C’è ancora qualcosa da scoprire o tutto è già stato detto?

Credo che l’interesse che continua a suscitare l’affaire della collana abbia una duplice ragione. Da un lato è una storia appassionante, più romanzesca del più romanzesco dei romanzi; dall’altro è il modello per eccellenza del processo politico, dove la posta in gioco non è la verità ma gli interessi contrastanti di giudici, ministri, sovrani. Un modello, ancora oggi, tristemente attuale.








Maria Antonietta e lo scandalo della collana
di Benedetta Craveri
92 p.
2006
Adelphi - Biblioteca Minima




Benedetta Craveri è professore ordinario presso la Facoltà di Lettere dell'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli dove insegna Letteratura Francese.
Nata a Roma, Benedetta Craveri ha studiato all'Università La Sapienza dove nel 1969 si è laureata, indirizzo di Filologia Classica, con una tesi su La formazione del gusto neoclassico e André Chénier, sotto la direzione di Giovanni Macchia.
Ha diretto il programma culturale di Radiotre "Spazio Tre", dal 1988 è stata professore associato di Lingua e Letteratura francese nella Facoltà di Lingue e Letterature Moderne dell'Università della Tuscia e nel 2005 si è trasferita all'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa a Napoli, ricevendo la conferma di professore ordinario di Letteratura francese. E' stata insignita dell'Ordine al Merito di Commendatore della Repubblica italiana e di quello di Officier des Arts et des Lettres della Repubblica francese. Collabora alle pagine culturali de La Repubblica, a The New York Review of Books, alla Revue d'Histoire Littéraire de la France.

Le sue principali pubblicazioni:
- André Chénier, traduzione ed introduzione di Benedetta Craveri, Einuadi, Torino, 1976.
- Benedetta Craveri, Madame du Deffand e il suo mondo, Adelphi, Milano, 1982, ristampato nel 2002 in edizione tascabile con una prefazione di Marc Fumaroli.
- Lettere di Mademoiselle Aissé a Madame***, a cura di Benedetta Craveri, Adelphi, Milano, 1984.
- Vita privata del Maresciallo di Richelieu, a cura di Benedetta Craveri, Adelphi, 1989.
- Benedetta Craveri, La civiltà della conversazione, Adelphi, 2002.
- Benedetta Craveri, Amanti e regine. Il potere delle donne, Adelphi, 2005.
- Benedetta Craveri, Maria Antonietta e lo scandalo della collana, Adelphi, 2006.

(Le note biografiche dell'autrice sono tratte dal sito dell'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa)










tyzyanas
00domenica 13 gennaio 2008 20:09
una lettera a maria antonietta dal conte fersen
diariomariaantonietta.spaces.live.com/


25 febbraio
Lettera del Conte Fersen alla Regina
Vita Mia,

Vi scrivo questa missiva poichè di recente il tempo trascorso insieme è sempre minore.

Doveva essere un mio sfogo, tuttavia non voglio tediarVi con le mie frugali questioni militari. Ho deciso di scriverVi questa mia solamente per dirVi che siete la mia stella del mattino, che mi illumina della sua candida luce; rappresentate la mai ragione di vita, quella di amarVi.

Siete Divinamente splendida, anche con quel piccolo gonfiore del ventre, che mi riempie di tenerezza il core, e di lacrime di gioia il viso, mentre, al pensiero dei giorni passati insieme, vergo queste indegne parole, indegne dellla vostra grandezza e della vostra grazia.

Non riesco ad immaginare il senso della mia esistenza, se non mi onoraste ogni giorno della mia vita con il vostro sicero amore. Ho ancora in mente il vostro dolce profumo, ed ogni qual volta i mi trovi presso un cespuglio di rose selvatiche, non posso esimermi dal pensarvi. Tengo il vostro cammeo sul cuore, come un amuleto sacro.
Voglio altresì dirVi che è mia ferma intenzione concedermi una breve licenza, sempre previo consenso di Vostro Marito. Mi auguro che in ogni istante di quella licenza, io riesca a stare vicino a Voi, e stringervi e baciarvi dolcemente.
Vostro in vita ed in morte.
A.V.F




tyzyanas
00giovedì 17 gennaio 2008 21:46
un'altra caps da film
tyzyanas
00giovedì 17 gennaio 2008 21:49
alan ma t'immagini come sarebbe interessante se si potesse viaggiare all'indietro nel tempo e vivere anche solo un giorno in quel periodo per vedere da vicino tutto quello che descrivono i libri di storia?
alanparsonx
00venerdì 18 gennaio 2008 00:46
specialmente mettersi nei panni di un popolano o meglio ancora in quelli di un nobile della corte di Maria Antonietta e trovarsi nel bel mezzo della Rivoluzione. Immagina che esperienza interessante dovrebbe essere.
tyzyanas
00sabato 19 gennaio 2008 00:40
Re:
alanparsonx, 18/01/2008 0.46:

specialmente mettersi nei panni di un popolano o meglio ancora in quelli di un nobile della corte di Maria Antonietta e trovarsi nel bel mezzo della Rivoluzione. Immagina che esperienza interessante dovrebbe essere.



bè questo è vero in quegli anni chiunque poteva finire alla ghigliottina e secondo alcuni la rivoluzione francese causò 2 milioni di morti

leggi qui che è interessante:
http://www.culturanuova.net/storia/2.rivoluzionefrancese.php

la Rivoluzione è stata un gradioso tentativo di sradicare il Cristianesimo dalla vita concreta

che cosa è davvero stata
La Rivoluzione Francese non è stata solo ed essenzialmente un tentativo di democratizzazione della vita politica francese (abbattimento dell'assolutismo e partecipazione popolare alla gestione del potere), e nemmeno un avvicendamento, brusco, di alcune classi sociali (la borghesia) ad altre (la nobiltà e il clero).
La Rivoluzione Francese è stata, nella sua componente egemonica, un primo, grandioso ed organico tentativo di sostituire il Cristianesimo come riferimento culturale della vita pubblica, con una nuova visione totalizzante della realtà, che poneva al centro una soggettività umana concepita in termini di antropocentrismo e di razionalismo.
Non si capirebbe altrimenti perché la Rivoluzione si sia occupata tanto di fornire una nuova concezione della realtà, di tipo totalizzante, attivando al contempo la prima grande ondata persecutoria anticristiana dai tempi di Diocleziano.

un problema etico: era legittimo?
a) è lecita una rivoluzione?
Possiamo ricordare che un grande pensatore come Tommaso d'Aquino non nega, in linea di principio che una rivoluzione possa essere giusta, se

a)il regime da rovesciare è effettivamente e gravemente oppressivo
b)vi sono ragionevoli probabilità che
la rivoluzione riesca
e provochi una quantità di morti e di violenze nettamente minore di quanto non avverrebbe lasciando indisturbata la tirannide.
b) era giusta quella rivoluzione?
<< da un lato

il Cristianesimo non preferisce la monarchia alla repubblica (vi è indifferente: dipende da caso a caso, tant'è che nel Basso Medioevo fioriscono le democrazie comunali);
e infatti l'Ancien Régime non si era certo dimostrato come propizio al Cristianesimo (lo era molto meno del medioevo): si pensi al gallicanesimo di Luigi XIV, col suo tentativo di assoggettare la Chiesa allo stato. L'assolutismo era nato in contrapposizione alla tradizione cristiana, che privilegiava le autonomie regionali e una maggior distribuzione del potere.
Esistevano oggettive ingiustizie sociali (per quanto non economicamente maggiori di quelle esistenti oggi, nelle società capitalistiche. Oggi nel mondo il 20% della popolazione dispone dell'80% della ricchezza; ad esempio in Venezuela il 90% della ricchezza è nelle mani dell'8% della popolazione; si vedano i grafici comparativi);
esisteva una arretratezza di rappresentatività politica (però va detto che la democrazia può funzionare se ve ne sono le condizioni: o in uno stato piccolo, o in presenza di informazione e di istruzione).
>> d'altro lato


Croce vandeana:
la Vandea insorse
contro la Rivoluzione
in nome della fede.la teoria che ispirò la Rivoluzione Francese fu un illuminismo anticristiano, e un progetto di riplasmazione radicale della società e dell'uomo basato su valori anticristiani di antropocentrismo e di razionalismo.
la classe che la guidò fu la parte più individualistica della borghesia e dell'aristocrazia, animata da rapacità economica più che ideali di bene comune del genere umano.
la Rivoluzione fu un fenomeno oggettivamente violento (la Chiesa vi conobbe la prima PERSECUZIONE dal 313)
secondo Chaunu la Rivoluzione Francese ha causato 2 milioni di morti
si pensi solo alla Vandea (secondo di R.Secher, vi sono stati almeno 120.000 morti per repressione violenta da parte dei repubblicani)
equivoci da sfatare
anche per questo gli slogans della Rivoluzione vanno esaminati con senso critico:

la libertà (LIBERTE', espressa nella formula di "poter fare tutto ciò, che non nuoce ad altri", non limitandone la libertà) è stata intesa in senso di rottura di legami; in un senso cioè anticomunitario e antisolidaristico;
l'eguaglianza (EGALITE') è stata intesa come eguaglianza su un piano "naturale" (o meglio naturalistico), col motivo che la vera natura è davvero identica in tutti gli individui: ma questo è un equivoco, dato che sul piano naturale, naturalisticamente inteso, i più forti prevalgono sui deboli e li sopraffanno. Nella realtà di fatto, segnata dal peccato originale, è solo un principio superiore alla natura, cioè la carità, che consente di vedere gli altri come fratelli, come appartenenti a un medesimo Corpo.
la fraternità (FRATERNITE'), specie nel periodo di prevalenza giacobina, è stata affermata come grossolano cameratismo, o almeno come acritico accodamento a una collettività, che azzera la persona, il suo senso critico e la sua coscienza.
esposizioneesposizionecause
cause remote
Nel contesto di complessiva deriva antropocentrica della civiltà europea, in particolare di quella occidentale, si era giunti nel '700 a una progressiva affermazione di principi razionalistici, che riducevano sempre più il fattore religioso e i valori gerarchico-comunitari dalla vita pubblica. L'illuminismo fu il movimento culturale che guidò tale processo, e il dispotismo illuminato fu la sua applicazione politica in molti stati europei. La Francia però fu uno dei pochi stati a non conoscere una esperienza di dispotismo illuminato, pur ospitando i fermenti più spinti della cultura illuministica (da Voltaire a Diderot, da Rousseau a D'Holbach, da Montesquieu a D'Alembert).

Si verifica dunque questo paradosso: la Francia è epicentro di un Illuminismo particolarmente, ma il suo regime politico è tra i più distanti da tale cultura. Con categorie storicistiche qualcuno direbbe: la Francia era la più progredita dal punto di vista culturale, e la più arretrata dal punto di vista politico. In realtà questo modo di intendere le cose è presuntuoso: chi stabilisce quale sia il progresso? E prima ancora: che cosa sia il progresso e perché il meglio stia sempre col nuovo? Di fatto il '900 ha smentito come fallace la pretesa storicistica che il nuovo sia automaticamente meglio dell'antico: i regimi totalitari che lo hanno funestato con oltre 100 milioni di morti (tra le due guerre mondiali e i vari lager e gulag) pretendevano appunto di rappresentare "il nuovo", rompendo i ponti con la tradizione.

In ogni caso il regime politico francese era ormai una anomalia nel contesto europeo, in cui le istanze dell'individualismo borghese trovavano sempre più spazio politico, appunto col dispotismo illuminato. Mancava d'altra parte una cultura che giustificasse i valori gerarchico-comunitari su cui si basava l'Ancien Régime, di cui d'altronde non si possono negare anche i lati effettivamente negativi.

Vanno perciò relativizzate le cause socio-economiche, al cui riguardo non si può dire che vi fosse in Francia una situazione di particolare ingiustizia sociale, con un "popolo" sfruttato al punto tale da non avere altra prospettiva di quella di un rovesciamento violento del regime. E infatti la tesi della rivoluzione, figlia della povertà è da tempo superata (si vedano alcuni dati e grafici in proposito).

cause prossime
Vi era comunque in Francia una situazione di difficoltà economica e finanziaria:

L'economia, pur in crescita sui tempi lunghi, subiva sul breve periodo una situazione di crisi:

ci fu un pessimo raccolto nel 1788,
con un aumento del prezzo del pane (50% annuo: si verificano tumulti contro il carovita),
e una crescita della disoccupazione,
e le finanze statali erano in deficit. Comunemente si vedono le cause di tale deficit

il mancato introito per i privilegi di nobilità e clero, che erano sostanzialmente esenti dal pagamento delle imposte,
e nelle spese di corte, incluse le ingenti spese che la Francia sostenne per appoggiare la rivoluzione americana.
Di fatto, nel 1788, il bilancio prevedeva entrate per 505 milioni e uscite per 630. Il Re tentò invano di attuare delle riforme, valendosi della collaborazione del Turgot prima, del Necker (nel 1781 e nel 1788), del Calonne e di Loménie de Brienne poi: infatti l'opposizione di influenti settori dei ceti cosiddetti privilegiati bloccè i tentativi dei due ministri.

Anche per questo il Re, al momento della convocazione degli Stati Generali, pensava alla nobiltà e al clero come a delle controparti, piuttosto che come a degli alleati, il che spiega la sua scelta di raddoppiare il numero dei rappresentanti del Terzo Stato.

tappe principali
La Rivoluzione Francese conobbe tre fasi principali:

Una fase iniziale (dall'estate del 1789 all'estate 1792), parzialmente legalitaria, in cui sembrò attuarsi un compromesso tra le istanze di cambiamento e la monarchia. Venne approvata una nuova Costituzione, che prevedeva una monarchia parlamentare e per qualche tempo parve che la situazione potesse stabilizzarsi. Ma le richieste rivoluzionarie non si fermavano mai, e andavano prendendo una piega sempre più corrosivamente anticristiana: a questo punto il Re rompe, sostanzialmente, benché mai formalmente, col processo innovativo, che diviene così esplicitamente rivoluzionario.
Una fase estremistica (dal 10 agosto 1792 al 27 luglio 1794). Il fatto scatenante fu la guerra, ingenuamente voluta dal Re e dai girondini, contro vari stati europei coalizzati per abbattere il nuovo regime: la situazione di emergenza così creatasi legittimò i più palesi sovvertimenti dei diritti umani: gli oppositori (reali o presunti) vengono massacrati in proporzioni inaudite, mentre la Francia precipitava nel caos.
Una fase finale, di (relativa) maggior moderazione (dal 27 luglio 1794 fino al 9 novembre 1799). In effetti la precedente situazione di continua insicurezza per la propria vita, un vero e proprio inferno sulla terra, non poteva a lungo essere sopportata e perciò, non appena la minaccia esterna delle potenze europee coalizzate venne meno, il regime terroristico dei giacobini fu rovesciato e si instaurò un nuovo regime, più moderato ma pur sempre repubblicano e anticristiano, espressione sociale soprattutto degli strati più alti della borghesia francese. Da notare che questa stessa ultima tappa della Rivoluzione, pur più moderata del periodo giacobino, non riuscì a stabilizzare la situazione: le forze eversive, una volta evocate, non arrestano la loro danza dionisiaca, e per anni la Francia e l'Europa saranno sconvolte dalla violenza imperialista di Napoleone, degno frutto della Rivoluzione.

Maggiori dettagli nella pagina sulla cronologia della Rivoluzione.

la rivoluzione e la Chiesa
La Rivoluzione è stata un fenomeno violentemente anticristiano.
Non si è limitata a togliere dei privilegi (giuridici) di cui il Clero godeva, ciò che si potrebbe ancora chiamare separazione della Chiesa dallo Stato: anzi ha sottomesso la Chiesa allo Stato, come se essa fosse una sua sezione, un suo apparato, rendendo il clero una categoria di funzionari statali.
Non si è limitata a confiscare beni economici del Clero, ciò che, entro certi limiti poteva apparire come condizione di ridistribuzione della ricchezza: anzi la ricchezza confiscata alla Chiesa andò spesso nelle mani della ricca borghesia.
Ma ha preteso di ingerirsi della vita interna alla Chiesa, ad esempio sopprimendo alcuni ordini religiosi, e pretendendo un giuramento di fedeltà allo Stato.
Ha distrutto Chiese e conventi, molti dei quali, come la Cattedrale di Cluny, erano vere e proprie opere di altissimo interesse artistico, ha profanato con furia reliquie e oggetti sacri ai credenti.
Più ancora, ha perseguitato e ucciso in proporzioni massicce, sacerdoti, suore, religiosi e semplici fedeli, che avevano il solo torto di essere cristiani, fedeli alla Chiesa fondata da Cristo.
Per maggiori dettagli si può vedere la pagina su la Rivoluzione e la Chiesa



tyzyanas
00sabato 19 gennaio 2008 00:47
I fantasmi di Versailles
alan tu la conoscevi questa storia io no ma quando l'ho letta qui http://www.aleff.it/archivio/morte/morte13.htm mi ha un poco impressionata:

I fantasmi di Versailles
Una delle più famose e quasi certamente più controverse storie di fantasmi del secolo scorso, fu quella che ebbe come scenario il Piccolo Trianon a Versailles, nel 1901. Protagoniste dell' 'avventura' furono due amiche, due insegnanti inglesi, miss Annie Moberly e miss Eleanor Jourdan, in visita a Parigi. Il caso fu aspramente criticato dalla Società Inglese, la S.P.R., e non lo riferiremmo se nel corso degli anni che seguirono non fossero giunte nuove relazioni di visitatori del parco che confermarono e avvalorarono il resoconto delle due amiche. Era il 10 Agosto del 1901 e le due signorine in visita a Versailles imboccarono un vasto viale per giungere fino al Petit Trianon, se non che, non conoscendo la strada, presero un sentiero laterale pensando di abbreviare il tragitto. Giunsero a un punto da cui partivano tre sentieri, in uno di essi "...vi erano tre guardiani molto dignitosi, con lunghe casacche di un verde spento e piccoli cappelli a tricorno". Chiesero loro quale fosse la strada e loro risposero di proseguire.
Fu a questo punto che furono prese da uno stato di profonda depressione, una sensazione di malessere e di inquietudine. Lungo il sentiero trovarono dei fabbricati rustici, degli arnesi agricoli sparsi per terra, un vecchio aratro, e poi incontrarono altri due guardiani, nella stessa uniforme dei precedenti, che le invitarono di nuovo a proseguire. Davanti a una casa isolata c'erano due donne in abbigliamento inconsueto. Attraversarono un bosco nel quale videro un chiosco chiaro presso il quale era seduto un uomo avvolto in un mantello con un largo cappello a falde, brutto e rozzo. Poi improvvisamente comparve - e altrettanto improvvisamente disparve- un uomo dai lunghi capelli ricciuti, avvolto anche lui in un ampio mantello, che le consigliò di "... ne pas passer par là, mais par ici cherchez la maison " . Le due amiche seguirono la direzione consigliata e giunsero infine al Giardino Inglese di fronte al Petit Trianon. Seduta sull'erba miss Moberly vide una signora con un foglio fra le mani (forse un disegno), un grande cappello bianco e una lunga ampia veste. Il silenzio e l'immobilità del luogo erano opprimenti. Un giovane dall'aspetto di un lacché, le avvertì che per entrare nell'edificio dovevano voltare verso il Giardino Francese. All'ingresso principale incontrarono finalmente una allegra comitiva, si unirono al gruppo e disparve il senso di oppressione.

Solo qualche giorno dopo le due amiche riparlarono della faccenda, ed ammisero che nell'insieme forse vi era stato qualcosa di strano. Alla fine dello stesso anno Miss Jourdan tornò a Versailles e tentò di rifare il percorso fatto in Agosto con l'amica, ma non ritrovò né il "chiaro chiosco" né corrispondeva il piccolo Temple de l'Amour, né altre zone del giardino. Miss Jourdan ritornò a Versailles anche nel 1903, e nel 1904 rifece l'itinerario insieme a Miss Moberly, ma tutto era cambiato. Nel 1911 pubblicarono un libro "An adventure" in cui narrarono le loro vicende, suggerendo l'ipotesi di avere "vissuto in un tempo precedente", all'epoca di Maria Antonietta. Il libro ebbe un grande successo. Dal 1911 al 1955 furono pubblicate cinque edizioni e numerose ristampe, fino a che una erede, proprietaria dei diritti d'autore, non permise che nuove edizioni fossero pubblicate in inglese, essendo giunta alla conclusione che vi erano delle spiegazioni naturali alle apparizioni delle due amiche. Ma altri episodi sono accaduti al Petit Trianon nel corso degli anni. Nel 1928 altre due signore, la professoressa Clare Burrow e la sua ex-allieva Ann Lambert, percorrendo per caso la prima parte dell'itinerario seguito dalla Moberly e dalla Jourdain, provarono lo stesso senso di depressione e a un certo punto incontrarono un guardiano in lunga casacca verde e cappello a tricorno che alle loro domande rispose in un dialetto incomprensibile e subito scomparve. Non avevano mai letto il libro "An Adventure".
Un altro caso fu riferito da un avvocato londinese e sua moglie. Era il 21 Maggio 1955. II cielo era nuvoloso e la moglie dell'avvocato si sentiva inesplicabilmente depressa. Non avevano più visto nessuno da quando avevano lasciato il Grande Trianon. Ad un tratto incrociarono una donna fra due uomini. Li colpì il colore giallo brillante dell'abito della donna che era ampio e lungo fino a terra. Gli uomini erano vestiti con lunghe giacche nere le cui falde, dietro, arrivavano quasi alle ginocchia. Avevano scarpe nere con fibbia, e cappelli neri. Poi, con loro sorpresa, non li videro più.
Altri casi sono stati riferiti, nel 1938, nel 1949, entrambi abbastanza ben documentati. Il caso del Piccolo Trianon mantiene a tutt'oggi tutto il suo mistero. Le spiegazioni fondate sulla suggestione e l'allucinazione sono tutto sommato abbastanza superficiali e anche se l'esperienza ci insegna di diffidare delle ambiguità e del valore delle testimonianze, non possiamo nemmeno impedirci di pensare a come persone diverse in epoche diverse abbiano potuto ricostruire i medesimi luoghi irreali con tutta l'apparenza della realtà. Il caso di Versailles, per quanto la cosa possa sembrare discutibile, ha interessato e ancora interessa gli studiosi di un intero secolo, che hanno compiuto indagini storiche e testimoniali che si riferiscono anche ad episodi che sembra siano accaduti già alla fine dell' '800.
Una interpretazione presa poco in considerazione e che ci sembra opportuno citare, è quella di un fenomeno conosciuto con il nome di Psicoscopia (o Psicometria d'ambiente) . Secondo una teoria ipotizzata da due studiosi (Buchanan e Denton), ogni avvenimento lascerebbe una traccia nell'ambiente circostante. Questo fenomeno sembra già stato notato nell'antichità. Pausania racconta che, ancora 400 anni dopo la battaglia di Maratona, si udivano in quella pianura nitriti di cavalli e frastuoni di guerra,. Il famoso psicoanalista Gustav Jung riferisce, in un suo libro di memorie, che una notte del 1924, mentre dormiva nella Torre di Bellingen, in Svizzera, si svegliò per il rumore di risa, suoni di fisarmonica e grida di folla, sebbene i dintorni della località fossero assolutamente deserti e silenziosi. Seppe poi che lì appresso, nel medioevo, si radunavano i montanari che andavano ad arruolarsi in Italia.
Suggestione, allucinazione, manifestazioni di entità disincarnate, apparizioni di defunti o di viventi, tracce e brandelli di avvenimenti lasciati come trine o tele di ragno nel luogo in cui il fatto è accaduto...Esperienze tra le più antiche dell'Umanità, fonti di favole e leggende, ancora rimangono un mistero.

tyzyanas
00lunedì 21 gennaio 2008 23:16
mah probabilmente il fatto dei fantasmi di versailles sarà una leggenda metropolitana però è curioso che molta gente si interessa a tali cose fino al punto di studiarle da come ho trovato a questo sito che vorrebbe darne una spiegazione:

leggi anche tu alan:

http://www.aleff.it/archivio/parapsicologia/06.htm

Archivio: Parapsicologia
La Psicoscopia


di Carlo M. Trajna
Come è noto, il vecchio termine "psicometria", considerato poco appropriato perchè voleva dire "misura della facoltà trascendentale dell'anima" e perché ingenerare confusione col diverso significato che ha in psicologia, è stato oggi sostituito da "psicoscopia".
"Definisce il fenomeno per cui un sensitivo, toccando un oggetto, "ne 'vede' la storia e può descrivere gli episodi cui l'oggetto è stato presente".
Fu scoperto nel 1840 da un neurologo americano, Joseph Rhodes Buchanan, che nel 1885 pubblicò le sue esperienze in un libro famoso, "La psicometria, alba di una nuova civiltà"; esprimendo la convinzione che "il passato è sepolto nel presente, che esiste una realtà mentale accanto alla realtà fisica e che vi sono fossili mentali, ossia residui mentali del passato, così come vi sono fossili minerali". La psicoscopia può essere utile nelle indagini poliziesche, ed è spesso il motivo per cui il pubblico ne sente parlare. La psicoscopia viene sempre considerata un fenomeno di retrocognizione, cioè di chiaroveggenza di eventi del passato. Quando riguarda il futuro si chiama in causa la cosiddetta "chiaroveggenza tattile", nella quale si suppone che il sensitivo, tramite l'oggetto "induttore", attinga le sue informazioni dell'inconscio di una persona che è stata in contatto con l'oggetto. In tal modo non si limitano all'epoca del contatto, ma possono anche spaziare nel futuro.
Applicando alla psicoscopia il modello psicotemporale vedremo che il sensitivo può attingere delle informazioni relative ad eventi ai quali l'oggetto è stato o sarà presente, ragion per cui l'ipotesi della chiaroveggenza tattile diviene superflua: restando ovviamente indispensabile per eventi ai quali l'oggetto non è mai stato e mai sarà presente.
Varie sono le spiegazioni che gli studiosi hanno proposto per spiegare la psicoscopia. Vi è chi ritiene che sempre si tratti di chiaroveggenza tattile. Vi è chi pensa che l'oggetto rappresenti un semplice "appoggio", che abbia cioè la funzione della sfera di cristallo. Vi è chi sostiene l'ipotesi della impregnazione psichica, secondo la quale ogni avvenimento lascerebbe una traccia nell'ambiente. E vi è infine chi suppone l'esistenza, nella materia, di una sorta di psichismo inconscio e quindi, in qualche modo, di una memoria con la quale il sensitivo potrebbe ottenere un contatto.
Quest'ultima ipotesi sta alla base del modello psicotemporale, e in definitiva rispecchia una delle varie forme con le quali, secondo Ugo Dèttore, si ritiene "che la realtà sia un tutto unico, indipendente dallo spazio e dal tempo, e che quindi ognuno dei suoi aspetti, per quanto limitati, possa virtualmente condurre alla conoscenza di tutti gli altri. Da questo punto di vista la telepatia e la chiaroveggenza, sia nello spazio, sia nel tempo, sarebbero un unico fenomeno: un contatto diretto con vari aspetti della realtà".

Il modello psicotemporale
Per inserire in questo modello la psicoscopia bisogna considerarla di due tipi, a seconda che il sensitivo operi intenzionalmente oppure no.
Se il fenomeno è causale e non intenzionale, va considerata come psicoscopia kappa: cioè un fenomeno telepatico di tipo kappa, in cui lo psichismo dell'oggetto invia spontaneamente dei segnali informativi, che vengono captati da un sensitivo.
Se invece il sensitivo opera in campo internazionale, va considerata come psicoscopia gamma: cioè come un fenomeno telepatico di tipo gamma, in cui il sensitivo sollecita lo psichismo di un oggetto ad inviargli una certa informazione.
Lo psichismo di un oggetto è immerso nella estemporalità.
La eotemporalità, o tempo della t del fisico, "chiamata così da EOS, la dea greca dell'alba, è la più semplice forma di tempo continuo. E' la realtà temporale dell'universo astronomico della materia dotata di massa. E' stata descritta anche come il tempo della pura successione.
E' un tempo continuo, ma non diretto, che non fluisce, a cui non possono essere applicate le nostre idee di presente, futuro e passato". Così la definisce J.T. Fraser.
Perciò in entrambi i tipi sopra considerati si deve supporre che lo psichismo in un oggetto emetta dei segnali senza alcuna percezione della propria distanza temporale della psiche del percipiente; e che sia la percezione che di questa distanza ha il sensitivo, che è immerso nella nootemporalità, a determinare l'iter temporale di questi segnali.
La nootemporalità, o tempo noetico, "è la realtà temporale della mente umana matura. E' caratterizzata da una chiara distinzione tra futuro, passato e presente: da orizzonti futuri e passati illimitati, e dal presente mentale, con i suoi orizzonti temporali che mutano in funzione dell'attenzione".
Fra le due temporalità prevale dunque quella del percipiente, il quale è da ritenersi in ogni caso parte attiva del fenomeno.
Anche se lo psichismo dell'oggetto è impregnato di cariche emozionali provenienti dalla psiche umana e dunque originariamente connesse con alterazioni della velocità del tempo psichico di chi le ha prodotte, resta comunque nella eotemporalità. A questa va attribuita la velocità della t del fisico lapalissianamente uguale ad un'unità di tempo per ogni unità di tempo, e dunque unitaria: affinchè la sensazione che ne ha la psiche sia uguale a zero, in accordo con Fraser, secondo il quale la eotemporalità è continua ma non fluisce.

La psicoscopia kappa
Nella psicoscopia kappa, se il precipiente ha una velocità del tempo psichico inferiore a quella del tempo fisico (cioè, ad esempio, è assorto in riflessioni impegnative), il rapporto è negativo, per ciò il segnale gli perviene con anticipo e concerne il futuro dell'oggetto.
Se invece ha una velocità del tempo interiore maggiore di quella del tempo fisico (cioè, ad esempio, si abbandona all'immaginazione), il rapporto risulta positivo, perciò il segnale gli perviene con ritardo e concerne il passato dell'oggetto.
Caratteristica della psicoscopia kappa è che il sensitivo rievoca e descrive gli episodi con distacco, senza prendervi parte. I raps psicofonici sono un tipico esempio di psicoscopia kappa associata alla psicocinesi. La loro esperienza conferma che i segnali psicoscopico si adeguano allo stato di coscienza che trovano nell'operatore, cioè alla sua percezione inconscia della distanza temporale che lo separa dallo psichismo del registratore. I segnali emessi da quello psichismo vengono infatti captati con anticipo o con ritardo rispetto alla loro emissione, a seconda che la velocità di flusso del tempo interiore del percipiente risulti minore, maggiore o uguale rispetto a quella dello psichismo del registratore.
Nella psicoscopia kappa la funzione dell'oggetto è sovente rappresentata dall'ambiente. Un esempio tipico di psicoscopia kappa ritardata, cioè concernente il passato, può essere identificata nel caso detto del Trianon.

La psicoscopia gamma
Quando il segnale viene emesso dallo psichismo dell'oggetto in conseguenza di un segnale di sollecito, ne ripercorre lo stesso iter temporale. I segnali seguono allora gli stessi percorsi temporali che si generano nella telepatia gamma. E' come se il sensitivo si immedesimasse con lo psichismo dell'oggetto e gli prestasse, per così dire, la propria nootemporalità: come se percepisse la distanza temporale quale potrebbe valutarla l'oggetto della nootemporalità fosse dotato.
Se il sensitivo che intenzionalmente prende in mano un oggetto vi si immedesima, e si pone in una stato di coscienza in cui la velocità del suo tempo interiore è minore della velocità del tempo fisico (cioè, ad esempio, è assorto in riflessioni impegnative), il segnale di sollecito emesso dal percipiente perviene in anticipo allo psichismo dell'oggetto; il segnale di risposta, che percorre lo stesso iter temporale, compensa l'anticipo con un uguale ritardo e perciò giunge al sensitivo istantaneamente. Ma l'informazione è aggiornata sino ad eventi che per il percipiente appartengono al passato.
Un esempio classico di questa psicoscopia gamma anticipata, che attinge gli eventi del passato, ci può riconoscere nelle celebri esperienze condotte dal medico tedesco Gustav Pagenstecher con una sua paziente, la Signora Maria Reyes de Zierold, la quale descriveva vicende del passato collegate con gli oggetti che venivano fatti toccare. La sensitiva, in stato di trance profonda (altra condizione che può diminuire la velocità del tempo psichico), si immedesimava nell'oggetto al punto da parlare in prima persona, talora con vera e propria partecipazione emotiva. La genuinità di quei fenomeni venne riconosciuta in una relazione che nel 1922 il Dr. W.F. Prince pubblicò sul Giornale della Società Americana per la Ricerca Psichica.
Se invece nel sensitivo che tiene in mano l'oggetto e vi si immedesima, la velocità del tempo interiore è maggiore di quella del tempo fisico (cioè, ad esempio se si abbandona all'immaginazione) il suo segnale di sollecito perviene in ritardo allo psichismo dell'oggetto, e il segnale di risposta che ripercorre lo stesso iter temporale compensa il ritardo con un uguale anticipo, e perciò giunge al sensitivo istantaneamente. Ma l'informazione in questo caso è aggiornata sino ad eventi che per il percipiente appartengono al futuro.
Un esempio tipico di questa psicoscopia gamma ritardata, che attinge il futuro dell'oggetto, può ravvisarsi nei cosiddetti "esperimenti a sedia vuota", quando fra le procedure del sensitivo vi è il toccamento della sedia, come nel celebre esperimento di Eugenio Osty col veggente Pascal Forthuny. L'opinione corrente è che se le informazioni riguardanti la persona che si disporrà su quella sedia appartengono al suo futuro, si deve chiamare in causa l'ipotesi dell'oggetto induttore secondo la quale il sensitivo attinge le sue informazioni dall'inconscio della persona. E nel caso dell'esperimento a sedia vuota questa opinione sembra corretta, perché la sedia viene a contatto con la persona in un tempo determinato e non si può immaginare che la stessa persona tornerà a sedervi in futuro.
Ma in altri casi il modello psicotemporale consente, come abbiamo visto, una interpretazione diversa e tale da consentirci di definire la psicoscopia come il fenomeno per cui un sensitivo capta da un oggetto, toccando, delle informazioni relative a episodi a cui l'oggetto è stato o sarà presente.



alanparsonx
00martedì 22 gennaio 2008 13:55
personalmente non credo che la scienza ufficiale dia molto credito a tali teorie.
tali convinzioni si basano sulla presunzione che la mente umana sia sfruttata solo per una parte e quindi sia limitata delle sue potenzialità, e che questi fenomeni anomali e controversi, qualora esistano davvero, possano essere frutto dell'attivazione spontanea o controllata di tali "poteri" latenti della mente,
ma fatto sta che salvo poche persone che asseriscono tali tesi non pare che queste situazioni siano effettivamente sperimentabili e riproducili da tutti e quindi non scientificamente dimostrabili.
tyzyanas
00giovedì 24 gennaio 2008 00:24
Re:
alanparsonx, 22/01/2008 13.55:

personalmente non credo che la scienza ufficiale dia molto credito a tali teorie.
tali convinzioni si basano sulla presunzione che la mente umana sia sfruttata solo per una parte e quindi sia limitata delle sue potenzialità, e che questi fenomeni anomali e controversi, qualora esistano davvero, possano essere frutto dell'attivazione spontanea o controllata di tali "poteri" latenti della mente,
ma fatto sta che salvo poche persone che asseriscono tali tesi non pare che queste situazioni siano effettivamente sperimentabili e riproducili da tutti e quindi non scientificamente dimostrabili.



alan ma perchè dovrebbe la scienza a dover dare una spiegazione a tutto?ti faccio un esempio:hai mai sentito parlare dell'epistemoligia?
leggi quihttp://it.wikipedia.org/wiki/Epistemologia

L'epistemologia è quella branca della filosofia che si occupa delle condizioni sotto le quali si può avere conoscenza scientifica e dei metodi per raggiungere tale conoscenza, come suggerisce peraltro l'etimologia del termine, il quale deriva dall'unione delle parole greche "episteme" (scienza, conoscenza certa) e "logos" (discorso). In un'accezione più ristretta l'epistemologia può essere identificata con la filosofia della scienza, la disciplina che si occupa dei fondamenti delle diverse discipline scientifiche.

È bene precisare che nell'ambito della cultura anglosassone il concetto di epistemologia viene invece usato come sinonimo di gnoseologia o teoria della conoscenza, la disciplina che si occupa dello studio della conoscenza in generaleAnche se l'indagine sulle possibilità di conoscenza del mondo fisico può essere fatta risalire almeno fino ai filosofi presocratici, ragion per cui una qualche forma di epistemologia è presente fin dalle origini del pensiero filosofico, la nascita dell'epistemologia in quanto specifica branca di ricerca è ben posteriore allo sviluppo della conoscenza scientifica.


L'Empirismo [modifica]
L'empirismo, generalmente visto come il cuore del moderno metodo scientifico, sostiene che le nostre teorie devono essere basate sull'osservazione del mondo piuttosto che sull'intuito o sulla fede. In altre parole, esso sostiene la ricerca empirica ed il ragionamento induttivo a posteriori piuttosto che la pura logica deduttiva.

Tra i filosofi riconducibili all'empirismo troviamo:

Aristotele (384 - 322 a.C.) e Tommaso d'Aquino (1225 - 1274) (precursori);
Francis Bacon (1561-1626), Thomas Hobbes (1588 - 1679), John Locke (1632 - 1704), George Berkeley (1685 - 1753) e David Hume (1711-1776) (empirismo moderno).
L'empirismo si oppone al razionalismo, rappresentato da René Descartes (più noto come Cartesio, 1596 - 1650). Quest'ultima scuola filosofica privilegia l'introspezione e il ragionamento deduttivo a priori.

L'empirismo è stato un precursore del neopositivismo, noto anche come empirismo logico. I metodi empirici hanno dominato la scienza fino al giorno d'oggi (2005). L'empirismo ha preparato la base per il metodo scientifico, visto in modo tradizionale come progresso scientifico tramite l'adattamento delle teorie.

Tuttavia teorie relativamente recenti come la meccanica quantistica o la teoria della relatività, almeno per come sono state esposte da Kuhn in "La struttura delle rivoluzioni scientifiche" hanno posto sfide significative all'empirismo come metodo di lavoro della scienza.

Alcuni sostengono che la meccanica quantistica abbia fornito un esemplare trionfo dell'empirismo: la capacità di scoprire anche leggi scientifiche contro-intuitive e la capacità di rimodellare le nostre teorie per includere tali leggi.

L'opinione prevalente resta comunque quella che l'empirismo abbia sostanzialmente esaurito la sua spinta propulsiva all'inizio del XX secolo e che per il progresso della scienza servano teorie più raffinate.


Gli scienziati [modifica]
Non esiste scienza privata della filosofia, al massimo può esistere una scienza dove il bagaglio filosofico è stato portato a bordo senza alcun esame preliminare[1].

In altre parole, la distinzione tra filosofi e scienziati, può essere arbitraria, almeno in questa fase dell'epistemologia.

Tra gli scienziati da ricordare ci sono almeno:

Galileo (1564 -1642);
Newton (1642 - 1727);
Leibniz (1646 - 1716).
Fondamentale, da parte di Galileo, l'approccio matematico alla scienza. Tale approccio matematico alla descrizione del mondo consente di ragionare per modelli, essendo la descrizione matematica di un sistema fisico anche un suo modello, che diventa poi applicabile in nuovi campi, con un considerevole potenziale predittivo.


Il problema dell'induzione [modifica]
Passando dall'approccio storico a quello più propriamente filosofico, uno dei problemi ricorrenti della filosofia della scienza, specialmente nei paesi anglosassoni, è il problema dell'induzione. Solitamente il problema viene esposto tramite l'esempio di David Hume in cui ogni osservazione di un corvo nero dovrebbe confermare la teoria che tutti i corvi sono neri. Ma come fanno delle osservazioni ripetute a diventare una teoria?

Da alcuni punti di vista il problema è dibattuto ancora adesso; va però considerato il fatto che in filosofia della scienza si dà per scontato che esista un mondo reale e che esso sia conoscibile (ciò non vale per altre branche della filosofia).

Allora il problema dell'induzione ha a che vedere con il modo in cui osserviamo il mondo e ne traiamo insegnamenti. In una lunga tradizione, che va da Galileo fino a Imre Lakatos e Paul Feyerabend, ciò si traduce in uno studio del metodo scientifico, cioè delle modalità con cui costruiamo delle teorie capaci di spiegare gli eventi (e/o esperimenti) passati e di prevedere eventi futuri.

Se quindi si evita di focalizzare eccessivamente il problema dell'induzione, esso può anche essere visto come un problema di metodo.


Il Rasoio di Occam [modifica]
Il Rasoio di Occam (Ockham's Razor) è una pietra di paragone della filosofia della scienza. Guglielmo di Ockham suggerì che tra le diverse spiegazioni di un fenomeno naturale si dovesse preferire quella che non moltiplica enti inutili, o in latino entia non sunt multiplicanda. L'esempio più classico si riferisce alla questione sulla generazione dell'universo: da un lato si può ipotizzare un universo eterno, o generato da sé o per motivi sconosciuti; dall'altro, un universo generato da una divinità, la quale a sua volta è eterna, o generata da sé o per motivi sconosciuti. In questo senso, la prima versione non postula enti inutili (la divinità), ed è quindi preferibile. Al giorno d'oggi, comunque, si tende a definire la teoria del Rasoio di Occam come la scelta più semplice. Guglielmo di Ockham non suggeriva che essa sarebbe stata quella vera, né che sarebbe stata più vicina alla verità; si può però notare da un punto di vista storicistico che generalmente le teorie 'più semplici' hanno superato un numero maggiore di verifiche rispetto a quelle 'più complesse'.

Il Rasoio di Occam è stato solitamente usato come una regola pratica per scegliere tra ipotesi che avessero la stessa capacità di spiegare uno o più fenomeni naturali osservati.

Siccome per ogni teoria esistono generalmente infinite variazioni egualmente consistenti con i dati, ma che in alcune circostanze predicono risultati molto differenti, il Rasoio di Occam è usato implicitamente in ogni istanza della ricerca scientifica. Consideriamo ad esempio il famoso principio di Newton "Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale ed opposta". Una teoria alternativa potrebbe essere "Per ogni azione c'è una reazione uguale ed opposta, eccetto il 12 gennaio 2055, quando la reazione avrà metà intensità." Questa aggiunta apparentemente assurda viola il principio di Occam perché è un'aggiunta gratuita, come pure farebbero infinite altre teorie alternative. Senza un regola come il Rasoio di Occam gli scienziati non avrebbero mai alcuna giustificazione pratica o filosofica per far prevalere una teoria sulle infinite concorrenti; la scienza perderebbe ogni potere predittivo.

Sebbene il Rasoio di Occam sia la regola di selezione tra teorie, non basata sull'evidenza, più ampiamente usata e filosoficamente comprensibile, ci sono oggi approcci matematici simili basati sulla teoria dell'informazione che bilanciano il potere esplicativo con la semplicità. Uno di questi approcci è l'inferenza sulla minima lunghezza di descrizione (Minimum Description Length).


Occam e il falsificazionismo [modifica]
Spesso si abusa del Rasoio di Occam, che viene citato anche dove non è applicabile. Ma esso non dice che si deve sempre preferire la teoria più semplice, indipendentemente dalla sua capacità di spiegare i risultati (comprese eventuali eccezioni) o di render conto dei fenomeni in discussione. Il principio della falsificabilità richiede che ogni eccezione che possa essere riprodotta a volontà invalidi la teoria più semplice e che la nuova spiegazione più semplice che possa effettivamente incorporare l'eccezione come parte della teoria debba essere preferita alla teoria precedente.


Il Positivismo [modifica]
Nella prima metà dell'Ottocento nasce in Francia con Auguste Comte (1798-1857) il movimento filosofico e culturale del Positivismo, che darà anche origine alla sociologia. L'origine del termine positivismo è però dovuta a Henri de Saint-Simon, che lo usò per la prima volta nel 1822.

Da Comte derivò poi il positivismo evoluzionista in Inghilterra (Spencer).

Alcuni (per esempio Abbagnano) individuano nel positivismo una certa ingenuità con la sua fiducia nell'infallibilità della scienza, che potrebbe discendere da influssi idealistici. Altri lo vedono più come una metodologia che una disciplina filosofica. Certamente il positivismo nei decenni successivi ricevette feroci critiche, ma esercitò anche una lunga influenza, sia tramite l'empiriocriticismo di Mach che con il neopositivismo.

È opportuno chiarire che in Italia il positivismo di Comte viene considerato una corrente filosofica a tutti gli effetti, mentre nel mondo anglosassone esso viene visto come una corrente sociologica.


L'Empiriocriticismo [modifica]
L'Empiriocriticismo è sostanzialmente impersonato da Ernst Mach, anche se il termine fu coniato da Richard Avenarius (1843-1896) per designare una rivisitazione del positivismo che tende a diventare una critica radicale.

In particolare Mach non concorda con i positivisti sulla possibilità di individuare scientificamente le strutture ultime della realtà. Per lui le leggi scientifiche non hanno valore assoluto. Anche il tempo è un'astrazione.

Il pensiero di Mach ebbe una profonda influenza sul Circolo di Vienna.


Il Neopositivismo [modifica]
All'inizio del XX secolo il centro Europa è una grande fucina culturale, con abbondanti interscambi culturali tra persone di varia nazionalità e tra diverse discipline. In particolare Vienna è preminente per la qualità e la quantità di intrecci culturali.

In questo ambiente si sviluppa il positivismo logico. Con l'avvento del nazismo e le successive persecuzioni su base razziale, negli anni 30 molti intellettuali emigrano, portando ad un'ampia diffusione delle idee neopositiviste, che influenzeranno le filosofie successive (per esempio la filosofia analitica anglosassone).


Reichenbach e il circolo di Berlino [modifica]
Più o meno negli stessi anni si sviluppa, grazie all'iniziativa di Hans Reichenbach, il Circolo di Berlino, il quale si occupa di tematiche analoghe a quelle del circolo di Vienna, ma con particolare attenzione alla causalità, alla statistica ed al potere predittivo della scienza.

Vedi anche Circolo di Vienna, Russell, Wittgenstein e Gödel.

Per approfondire, vedi la voce Positivismo logico.


L'approccio contemporaneo [modifica]
Sicuramente da ricordare il contributo di Ludovico Geymonat, filosofo e matematico italiano, che nel corso del XX secolo ha molto contribuito ad introdurre in Italia e ad approfondire concetti e teorie di filosofia della scienza. Geymonat tenne a Milano la prima cattedra italiana di filosofia della scienza a partire dal 1956.

Un personaggio di spicco dell'epistemologia contemporanea fu il filosofo austriaco Karl Popper. Il pensiero popperiano (falsificazionismo) può essere sintetizzato con una sua celebre affermazione: "Una teoria è scientifica nella misura in cui può essere smentita". Questa frase sintetizza in maniera estrema il criterio di demarcazione, che consente di discriminare tra le discipline scientifiche e quelle pseudo-scientifiche, (quali, secondo Popper, la psicanalisi ed il marxismo): mentre le prime si basano su affermazioni che possono sempre essere sottoposte, in linea di principio, a falsificazione empirica, le seconde sfuggono ad ogni tentativo di falsificazione.

Un fatto che i detrattori di Popper conoscono bene è che una teoria scientifica difficilmente viene abbandonata quando un esperimento la falsifica (la dimostra non valida). Semplicemente, si fa in modo di incorporare il risultato dell'esperimento in una nuova versione della teoria. Ciò avviene in particolar modo per le teorie che hanno già avuto un buon successo. La procedura può essere ripetuta più volte, in seguito a successivi risultati negativi, finché ad un certo punto la teoria non è più emendabile, e serve un balzo concettuale per crearne una nuova.

All'epistemologia popperiana si contrappone in questo senso l'opera di Thomas Kuhn, che focalizza l'aspetto rivoluzionario delle scoperte scientifiche, ed al quale si deve l'introduzione all'interno del dibattito epistemologico dei concetti di scienza normale, rivoluzione scientifica e soprattutto di paradigma. In questo approccio il progredire della scienza non è più lineare, ma necessita ogni tanto di una rivoluzione scientifica cioè un rovesciamento delle concezioni metodologiche o un nuovo paradigma concettuale.

Qualcuno considera Popper abbondantemente sopravvalutato, tra cui Paul Feyerabend, appartenente alla "New Philosophy of Science" con Norwood Russell Hanson, Thomas Kuhn e Imre Lakatos. Feyerabend, che nel suo Dialogo sul metodo, definisce Popper "un pedante", imposta il suo approccio all'epistemologia in modo più ampio, a partire dalla sua opera fondamentale (ma scritta in tono provocatorio) Contro il metodo. In tale libro, che propone "un anarchismo epistemologico", Feyerabend analizza e demolisce senza pietà le teorie di Popper, mostrando come la falsificazione non sia mai stata realmente applicata dagli scienziati. In aggiunta viene criticato l'approccio classico degli epistemologi, tendente a ricostruire a posteriori un metodo che in realtà (secondo lui) non esiste.

Feyerabend approfondisce le sue idee nelle opere successive, chiarendo che un metodo, se esiste, è ben più complesso di quanto illustrato da Popper, e che la validità del metodo è comunque legata alla storia. Praticamente, si associa il realismo al relativismo culturale.

L'approccio di Lakatos, per quanto eviti provocazioni, si distanzia nettamente da Popper quando dichiara che una teoria scientifica può essere falsificata solo da una nuova teoria, che includa la spiegazione dei fatti spiegati dalla teoria precedente, ma ampli la sua applicabilità a nuovi fenomeni.

Altri, alla falsificazione in toto popperiana contrappongono la teoria della confermabiltà di Rudolf Carnap, con alcune modifiche: un esponente di tale linea di pensiero è Donald Gillies.

Tuttavia, il problema di fondo dell'epistemologia, oggi come al tempo di Hume, rimane quello dell'implicazione e dell'induzione: secondo la teoria della confermabilità, ogni cigno bianco conferma che i corvi sono neri, ossia ogni esempio non in contrasto con la teoria ne conferma una parte (). Secondo quella della falsificabilità, invece, nessuna teoria è mai vera, in quanto mentre esistono solo un numero finito di esperimenti a favore, ne esistono teoricamente un numero infinito che potrebbero falsificarla.


it.wikipedia.org/wiki/Epistemologia
alanparsonx
00giovedì 24 gennaio 2008 22:04
la scienza non è infallibile perché le sue finalità non sono produrre certezze bensì ridurre le incertezze e per raggiungere questo obiettivo si adotta il cosiddetto metodo scientifico. Ciò di cui tu parli non è altro che una discussione sulla validità dei metodi usati per dare spiegazioni a fenomeni non ancora conosciuti dando per scontato che procedimemti differenti possono produrre risultati differenti.
Gilles2782
00domenica 14 settembre 2008 23:41
Comprero il dvd dicono le è un bel film
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