00 12/03/2005 19:15
Titolo del racconto originale: "F..."
Le automobili si bloccarono di colpo con un alto stridore di freni. Esplosero le imprecazioni dei guidatori, mentre i pedoni sbigottiti, gli occhi sbarrati e la bocca aperta per lo spavento, facevano un salto all' indietro.
Una massiccia sfera metallica si era improvvisamente materializzata a qualche metro da terra ed era poi calata proprio nel mezzo dell' incrocio.
"Ehi! Cosa succede?" brontolò uno degli agenti di servizio scendendo dalla piattaforma di cemento.
"Dio mio!" gridò una segretaria, sporgendosi spaventata da una finestra del terzo piano. "Che cosa è questa roba?"
"E' venuta fuori all' improvviso!" saltò su un vecchio. "Ma non è dei nostri, ci scommetterei la testa!"
Respiri affannosi. Tutti in avanti per veder meglio, il cuore in tumulto. Qualcuno, dall' interno, stava aprendo la porta circolare della sfera.
Uscì un uomo. Diede uno sguardo pieno di curiosità tutt' intorno, e si mise a fissare la gente che lo ricambiava con altrettanta attenzione.
"Ma dico, siete impazzito?" gli chiese l' agente in tono brusco tirando fuori il suo libretto. "Volete fare un macello?"
L' uomo sorrise. Quelli che gli erano vicino sentirono ciò che disse. "Sono il professor Robert Wade e vengo dall' anno 1975."
"Sì, sì, sarà vero, ma prima di tutto levate di qui questo arnese" disse l' agente minaccioso.
"Ma adesso non è possibile" disse l' uomo.
L' agente sporse bellicosamente in fuori il labbro inferiore: "Impossibile, eh?" disse, e si avviò verso la sfera di metallo. Vi puntò le mani e, a gambe divaricate, diede una forte spinta: la sfera non si spostò di un millimetro. Esasperato, l' agente cominciò a prenderla a calci, ma dovette smettere per il dolore.
"E' inutile" disse l' uomo "In questo modo non otterrete niente."
Senza rispondergli l' agente fece scorrere con un grugnito il portello circolare e si affacciò dentro per guardare. Si ritrasse immediatamente, e un grido di orrore gli uscì soffocato dalle labbra.
"Ma... mio Dio, è vero?" balbettò, stropicciandosi gli occhi.
"Che cosa vi succede?" chiese il professore.
Adesso la faccia dell' agente non era più soltanto accigliata, era sconvolta.
"Se aveste la cortesia..." cominciò a dire il professore.
"State zitto, lurido bastardo!" tuonò l' agente. Il professore, spaventato, fece un passo indietro; dalla sua espressione era chiaro che quello che stava succedendo gli riusciva del tutto incomprensibile.
L' agente entrò nella sfera e poco dopo uscì tenendo in mano degli oggetti. Fu un finimondo. Le donne voltavano di scatto la testa con urla di indignata esecrazione. Uomini ritenuti forti e coraggiosi rimasero imbambolati, gli occhi pieni di terrore. I bambini gettavano occhiate furtive senza capir bene di cosa si trattasse e molte ragazze persero i sensi.
Paonazzo in viso, l' agente si affrettò a nascondere alla meglio gli oggetti sotto la giubba; tremava dalla testa ai piedi., come se, sotto il tessuto della divisa, un qualche sinistro animale cercasse violentemente di liberarsi... Guardò con odio il professore, e lo colpì con un calcio al polpaccio.
"Maiale!" urlò.
"Che vergogna!" mormorò un prete che era diventato cianotico. In un attimo, cinque, dieci, venti mani afferrarono il professore, lo trascinarono in mezzo alla strada. La vittima si dibatteva, cercava di ripararsi con le mani, urlava disperatamente ma la sua voce era coperta dal coro isterico della folla. Volevano tutti picchiarlo e usavano quello che avevano, ombrelli, bastoni, stampelle e rotocalchi arrotolati.
"Infame!" gli gridavano alzando il pugno.
"Impudente libertino!"
"Verme disgustoso!"
Se fosse caduto, l' avrebbero certamente calpestato a morte. Ma a forza di botte e spintoni lo caricarono su una macchina della polizia e lo portarono in prigione. Due poliziotti furono lasciati di guardia alla sfera di metallo con il compito di tener lontani tutti i passanti che volessero curiosare. Ma quanto a loro, mettevano continuamente la testa dentro la sfera, sbirciando in giro con occhi pieni di segreta libidine.
"Ma ti rendi conto? Ma ti rendi conto?" ripeteva uno dei due, leccandosi le labbra tutto eccitato. "Santo cielo, ti rendi conto?"

L' Alto Commissario Castlemould stava contemplando delle cartoline pornografiche quando nella stanza il televisore di controllo cominciò a ronzare.
Le sue spalle ossute si girarono di scatto, la dentiera si richiuse con un colpo secco. Raccolse con un guizzo affannoso la pila di cartoline e le gettò nel cassetto della scrivania.
Distogliendo lo sguardo dalle immagini con un ultimo sospiro, chiuse il cassetto, e sforzandosi di assumere un' espressione austera e consona alla posizione, girò l' interruttore.
Sul video di controllo apparve il grasso collo del capitano Ranker, stretto da uno dei suoi soliti colletti rigidi. Anche lui sedeva davanti a una scrivania.
"Commissario" mormorò il capitano in tono di deferenza servile "mi rincresce avervi disturbato durante la vostra ora di meditazione."
"Va bene, va bene, cosa c'è?" disse brusco Castlemould, battendo il palmo, con impazienza, sulla superficie, ora sgombra, del tavolo.
"Abbiamo un prigioniero" disse il capitano. "Dice di viaggiare nel tempo e di essere arrivato dal 1975."
"Bé, che cosa volete allora?" borbottò il Commissario.
Il capitano Ranker cercò qualcosa sotto la sua scrivania con le sue mani piccole e grassocce, e tirò fuori tre oggetti sistemandoli in modo che Castlemould potesse vederli. Sembrò per un momento che gli occhi di Castlemould saltassero fuori dalle orbite e che il pomo d' Adamo non si fermasse più.
"Aaah!" disse con voce aspra. "Dove li avete presi?"
Ranker si raschiò la gola.
"Li aveva con sè il prigioniero" disse.
Il vecchio Commissario stette a guardare inebetito gli oggetti.
Nessuno dei due riuscì a parlare. Castlemould avvertì un formicolio di fuoco e di ghiaccio salirgli fino alla nuca. Poi il respiro gli uscì con violenza dalle narici.
"Aspettate!" disse rauco, "vengo subito da voi." Spense l' interruttore, stette un attimo sovrappensiero e l' accese di nuovo. Il capitano Ranker sembrò inghiottire il cuore. "Sissignore", borbottò, mentre il grasso collo arrossiva violentemente. Castlemould, sogghignando spense l' interruttore.
Prese a camminare lentamente per la camera soffregandosi le mani scarne. Picchiettare il pavimento con i tacchi gli dava una sensazione di sollievo, il movimento lo rilassava.
Quando si sentì di nuovo padrone di sè diede disposizione perchè gli portassero la sua macchina personale all' ingresso.

Dei passi. L' agente di guardia, alto e tarchiato, aprì la porta facendola scorrere. "Alzatevi, voi" ringhiò, le labbra atteggiate a una smorfia di disprezzo. Il professor Wade si alzò guardando con astio il carceriere, attraversò la cella, uscì e si trovò in un immenso salone nudo.
"Girate a destra" ordinò la guardia.
Wade girò a destra. Si avviarono verso il fondo della sala.
"Avrei dovuto starmene a casa" mormorò Wade.
"Silenzio, maiale!"
"Oh, piantatela!" disse Wade. "Dovete essere tutti matti da queste parti. A momenti mi ammazzate in mezzo alla strada, e per cosa, poi? Per quel pò di...
"Silenzio!" tuonò la guardia, guardandosi subito intorno preoccupato Rabbrividì. "Non permettetevi di pronunciare quella parola nella mia onorata prigione!"
Wade alzò gli occhi al cielo come chi rinuncia definitivamente a capire.
Fu scortato per lunghi corridoi fino ad una porta con la targhetta:

CAPITANO RANKER - CAPO DELLA POLIZIA DI CONTROLLO.

La porta si aprì, e Wade si sentì spingere dentro.
Ranker si alzò di scatto appena lo vide entrare. Sulla scrivania c' erano gli oggetti, pudicamente coperti da un panno bianco. Un vecchio tutto raggrinzito, in una vecchia palandrana, rivolse a Wade uno sguardo penetrante.
Due mani si levarono contemporaneamente a indicare una una poltroncina vuota.
"Sedetevi" disse Ranker.
"Sedetevi disse l' Alto Commissario.
Ranker si scusò. Il Commissario gli rivolse un sorriso ironico.
"Sedetevi ripetè Castlemould.
"Volete che mi sieda?" disse Wade.
La collera fece diventare scarlatta la faccia del capitano Ranker, le vene al collo gli si gonfiarono pericolosamente.
"Sedetevi!" ruggì. "Quando l' Alto Commissario Castlemould vi dice di sedervi, dovete farlo immediatamente!"
Il professor Wade sedette. I due uomini gli si misero al fianco come due rapaci che stessero meditando un tuffo improvviso sulla preda. Il professore guardò il capitano Ranker.
"Ora forse mi spiegherete...
"Silenzio!" lo zittì Ranker.
Wade picchiò un colpo rabbioso sul bracciolo della poltrona. "E invece non starò zitto! Sono stufo di tutte queste vostre idiozie! Io arrivo nel vostro tempo, e voi, la prima cosa che fate, è di prendere queste banalissime cose..." strappò il panno che ricopriva gli oggetti. I due uomini fecero un salto all' indietro e rimasero a fissarlo inorriditi, come se Wade avesse strappato quel pezzo di stoffa dalla schiena delle loro nonne.
Wade si alzò gettando il panno sulla scrivania. "Ma si può sapere che cosa diavolo avete?" gridò. "E' cibo. Solo un pò di cibo!"
I due piegarono le ginocchia come pugili colpiti da un fulmineo destro-sinistro.
"Chiudete quella lurida bocca!" disse il capitano con voce soffocata. "Ci rifiutiamo di ascoltare altre vostre oscenità."
"Oscenità!" urlò il professor Wade. "E' questo che avete detto?"
Sollevò uno degli oggetti. "Ma è una scatola di biscotti!" disse incredulo. "Che cos' ha di osceno, una scatola di biscotti?"
Il vecchio Castlemould ritornò in sè e contraendo le labbra grigiastre guardò il professore con i piccoli occhi astuti.
Wade rimise la scatola sulla scrivania. Il vecchio impallidì. Wade afferrò gli altri due oggetti.. "Un barattolo di carne conservata!" esclamò. "Un thermos di caffè! Mi volete spiegare che c'è di osceno in un pò di carne e di caffè?"
Un silenzio sepolcrale scese nella stanza dopo lo scatto di Wade.
I tre uomini, si fissavano senza parlare. Ranker tremava, sembrava un grosso mucchio di gelatina sormontata da una maschera stravolta. Lo sguardo del vecchio si posava ora sulla faccia indignata di Wade, ora sugli oggetti che erano sulla scrivania, come se esitasse a prendere una decisione di fatale importanza. Alla fine Castlemould fece un cenno col capo e tossicchiò.
"Capitano" disse, "lasciatemi solo con questo farabutto, voglio andare fino in fondo a questa porcheria."
Il capitano fissò un momento il suo superiore, poi chinò la testa e si avviò alla porta senza pronunciare una parola. Il suo passo era incerto, le braccia gli pendevano inerti lungo i fianchi, e il suo respiro era breve, rasposo.
"Adesso ditemi il vostro nome" disse l' Alto Commissario Castlemould calandosi nell' enorme poltrona di Ranker. Il tono della voce s' era fatto di colpo più mite, anzi, quasi scherzoso.
Prese gravemente il panno tra il pollice e l' indice e tornò a ricoprire gli oggetti con la delicatezza e la dignità che avrebbe messo un vescovo nel gettare il suo mantello sul corpo nudo di una meretrice.
Wade si lasciò cadere sull' altra poltrona con un sospiro.
"Rinuncio a capire" disse" disse, "sono venuto dall' anno 1975 nella mia crononave. E mi sono portato dietro un pò di... cibo... per il caso che capitasse qualcosa di imprevisto. Ora voi venite a dire che sono un porco. Non mi raccapezzo assolutamente."
Castlemould incrociò le braccia intorno al torace incavato e annuì lentamente. "Mmm! Ecco, giovanotto, si dà il caso che io vi creda" disse. "E del resto è possibile, devo ammetterlo. Gli storici sostengono che ci fu un' epoca in cui il... ehm... mantenimento fisico era assicurato per via orale".
"Sono contento che almeno uno mi creda" disse Wade, "Ma vorrei che mi spiegaste la questione del cibo."
L' Alto Commissario ebbe di nuovo una leggera contrazione di disagio. Wade lo guardò perplesso.
"A meno che" disse "la parola... cibo... sia diventata oscena?"
A quel suono ripetuto, fu come se qualche segreto meccanismo si fosse messo in moto nel cervello di Castlemould.
Wade lo vide allungare irresistibilmente la mano e tirar via il panno, gli occhi accesi da un torbido fuoco. Sembrava preso, davanti a quel thermos, quella scatola, quel barattolo, da una sorta di senile, bavosa venerazione. Si inumidì più volte le labbra secche con la lingua. Wade lo osservava con un senso di crescente nausea. Il vecchio fece scorrere una mano tremante sulla scatola dei biscotti, palpandola come se fosse la gamba di una ballerina. I suoi polmoni cercavano spamodicamente l' aria.
"Cibo..."
Lo disse in un sussurro, e anche la sua voce, ora, aveva un timbro lascivo.
Poi, con uno scatto brusco, rimise il panno sopra gli oggetti, evidentemente estenuato da quel che aveva visto. I suoi occhi vitrei tornarono a poco vivi, fissarono quelli del professor Wade.
Inspirò adagio.
"C... certo" disse infine.
Wade si appoggiò allo schienale della poltrona; cominciava a sentirsi accaldato e imbarazzato. Scosse la testa, pensieroso. "Incredibile" mormorò.
Abbassò il capo per evitare lo sguardo del vecchio, ma poco dopo, rialzando gli occhi, vide Castlemould che sbirciava sotto il panno con il fremito di un adolescente al suo primo spettacolo di nudo integrale.
"Commissario!"
Il vecchio satiro sussultò dalla sedia, lasciandosi sfuggire un ansito di desiderio. Cercò affannosamente di ricomporsi.
"Si?" fece, ansimando.
Wade si alzò in piedi, tirò via il panno e lo spiegò sulla scrivania; poi fece una pila di tre oggetti, la portò al centro del panno, di cui raccolse in una mano i quattro angoli. Prese l' involto, e tornò al suo posto.
"Non vorrei davvero corrompere la vostra società" disse. "La cosa migliore è che raccolga i dati che mi occorrono su questa epoca, e poi me ne torni nel mio tempo portandomi via il mio... questo".
Non vi pare?
I lineamenti dell' Alto Commissario si irrigidirono come se fosse rimasto impietrito da quell' eventualità. "No!" urlò.
Wade lo guardò ironico. Castlemould si morsicò mentalmente la lingua. "Voglio dire" si corresse con il viso in fiamme, "non c'è motivo perchè ve ne andiate così in fretta. E poi..." riprese, agitando le braccia scarne in un modo che tradiva il suo imbarazzo. "Siete mio ospite. Venite con me, andiamo a casa mia e prendiamo un pò di..."
Si schiarì ripetutamente la gola. Si alzò in fretta e fece il giro della scrivania. Diede una manata sulla spalla di Wade atteggiando con sforzo le labbra a un sorriso di convenienza che ricordava uno sciacallo famelico.
"Troverete tutto quello che vi occorre nella mia biblioteca privata" disse. Wade non rispose. Il vecchio si guardò intorno con aria colpevole. "Ma voi... bè... ecco... sarebbe forse meglio non lasciare qui il vostro involto" disse.
Fece una risatina come per stabilire una complicità. Wade lo guardò con diffidenza. Castlemould cercò di rendere più plausibile quello che stava per dire. "Mi dispiace doverlo ammettere ma non posso fidarmi al cento per cento dei miei subalterni. Potrebbe causare un grave turbamento in molti di loro. Quella cosa lì, voglio dire."
Gettò verso l' involto un' occhiata che voleva essere disinvolta. La sua gola già stretta si chiuse ancora di più.
"Ci si può aspettare di tutto" continuò. "Voi capite, c'è tanta gente in giro priva di qualsiasi scrupolo."
Lo disse come se quell' empia possibilità fosse entrata solo a fatica nella sua mente casta. Si avviò alla porta per evitare altre discussioni. Si girò con le dita aggrappate alla maniglia.
"Aspettate qui" disse. "Vado a farmi dare il vostro ordine di scarcerazione."
"Ma..."
"Niente, niente" tagliò corto Castlemould, precipitandosi nel corridoio.
Il professor Wade scosse il capo. Poi si mise una mano nella tasca della giacca e ne tirò fuori una tavoletta di cioccolata.
"Dovrò tenerla ben nascosta" si disse, "o ci sarà subito il plotone di esecuzione!"

Entrando nell' atrio di casa sua, Castlemould disse: "Date qua, vi porterò io il pacco. Lo metteremo sulla mia scrivania".
"No meglio di no" protestò Wade che cercava di trattenersi dal ridere vedendo la faccia avida del Commissario. "Potrebbe essere una tentazione troppo forte..."
"Per chi, per me?" gridò Castlemould togliendoli di mano l' involto. "Aaah, ma è ridicolo!"
Sporse avanti le labbra come se facesse il broncio.
"Piuttosto, facciamo così" riprese ingraziante. "Andiamo nel mio studio, e io farò la guardia alla vostra roba mentre voi prendete appunti dai miei libri. Cosa ne dite, eh"?
Wade seguì il vecchio nello studio dal soffitto altissimo. Non riusciva ancora a capire. Cibo. Cercava di scoprire che cosa ci fosse di così conturbante in quel suono, in quelle due sillabe. Era una parola del tutto inoffensiva. Ma ogni parola, pensò, ha il significato che le dà la gente. E qui, il significato di "cibo" era fin troppo chiaro.
Bastava guardare come la mani di Castlemould, attraversate da grosse vene azzurre, accarezzavano l' involto, l' espressione libidinosa, gli occhi cupidi che sconvolgevano la sua austera faccia raggrinzita.
Si chiese se poteva lasciare il... Si prese in giro mentalmente per l' esitazione. Stava per diventare anche lui come questi pazzi.
Attraversarono la stanza in silenzio sul folto, immenso tappeto orientale. "Ho la più bella collezione di tutta la città" disse il Commissario, con palese compiacimento. "Completa." Strizzò l' occhio solcato di venuzze. "Senza censura" aggiunse.
"Bene!" disse Wade.
Si fermò davanti agli scaffali e fece scorrere lo sguardo sui libri che occupavano tutte le pareti della stanza.
"Non avreste un..." disse, girandosi. Ma l' Alto Commissario si era allontanato dal suo fianco e si era andato a sedere sulla scrivania.
Aveva aperto l' involto e stava guardando il barattolo di carne con il ghigno di un avaro che pesi il suo oro.
Wade chiamò forte: "Commissario!"
Il vecchio saltò su spaventato, facendo cadere per terra il barattolo. Allora si lasciò cadere di schianto sotto la scrivania e un attimo dopo riemerse grondante di sudore e vergogna, insieme con il barattolo stretto fra le mani.
"Si?" chiese, con forzata affabilità.
Wade si girò in fretta, ma si poteva vedere il tremito delle sue spalle mentre tratteneva a stento una risata.
"Non avreste per caso... un manuale di storia?" chiese cercando di controllare la voce.
"Come no? Come no?" disse Castlemould. "Il miglior manuale che ci sia in città!"
Andò silenzioso fino a uno scaffale polveroso e ne trasse un grosso volume. "Lo leggevo proprio l' altro giorno" disse, porgendolo al professor Wade.
Wade annuì, e soffiando sul bordo fece alzare una nuvoletta di polvere.
"Così siamo a posto" disse Castlemould. "Ecco, voi potete sedervi qui." Tamburellava con le dita sullo schienale screpolato di una poltrona di cuoio. "Ora vi cerco qualcosa per scrivere."
Wade lo guardò andare alla scrivania e aprirne il primo cassetto.
Mentre Castlemould tornava con un grosso blocco di fogli, Wade si disse che avrebbe benissimo potuto lasciare il cibo a quel povero mentecatto. Fu sul punto di dirgli che aveva già il suo taccuino, ma poi cambiò idea, pensando che sarebbe stato interessante avere un campione della carta del futuro.
"Adesso sedetevi e prendete tutti gli appunti che volete" disse Castlemould, "e non preoccupatevi per il vostro... non pensateci."
"Dove andate?"
"In nessun posto, in nessun posto!" disse l' Alto Commissario, rassicurante. "Sto qua a far la guardia al ..." Il suo pomo d' Adamo si abbassò mentre dava un altro sguardo agli oggetti, e la voce si spense lentamente, come sopraffatta da un desiderio troppo violento.
Wade si allungò nella poltrona e aprì il libro. Castlemould stava agitando il thermos del caffè per ascoltarne il gorgoglio, la sua faccia grinzosa sembrava quella di un idiota che tenda l' orecchio alle voci immaginarie che sente nella testa.

"La capacità della Terra di produrre cibo ebbe termine per l' uso militare indiscrimato delle armi batteriologiche" lesse il professore. "Questi veleni attivi di ogni genere sono penetrati nel suolo ad una profondità tale da rendere impossibile qualsiasi crescita vegetale. Hanno inoltre distrutto la maggior parte degli animali e dei pesci che fornivano carne. Durante l' ultima disperatata guerra batteriologica non si prese infatti nessun serio provvedimento per salvarli. Furono inquinate le maggiori riserve idriche della Terra. Cinque anni dopo la fine del conflitto, quando questo libro fu scritto, persisteva un generale, gravissimo inquinamento che l' azione benefica delle piogge aveva ridotto solo in misura trascurabile. Inoltre..."
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[Modificato da alanparsonx 12/03/2005 20.41]

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